La direttiva europea sulle case Green continua a creare polemiche e scompiglio tra gli italiani e soprattutto tra gli addetti ai lavori. Il mercato immobiliare è in subbuglio e cerca di fare una stima effettiva delle conseguenze di questa scellerata manovra di Bruxelles. Nel mentre, anche le banche fanno la stessa cosa e lanciano un primo allarme sui mutui. E gli italiani ora si chiedono: posso o non posso vendere la mia casa? Quanto dovrei spendere per fare i lavori di ristrutturazione che mi consentano di metterla a norma? Quali sono le esenzioni e le deroghe? È importante saperlo perché – come abbiamo già scritto qui – se gli immobili non sono a norma secondo questa direttiva non possono essere né venduti né affittati. (Continua a leggere dopo la foto)
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La direttiva imposta dall’Unione Europa sulle Case green punta a riqualificare energeticamente gli edifici, portandoli alla “classe E” entro il 2030 e in “classe D” entro il 2033. Dai primi dati iniziali basati sul piano di Bruxelles si evinceva che la mannaia sarebbe caduta su circa 10 milioni di immobili. Poi, grazie a una serie di emendamenti spinti proprio dal nostro Paese, le cifre si sono ridotte, pur restando molto significative. Parliamo infatti di oltre 230.000 edifici pubblici non residenziali e oltre 1,8 milioni di edifici residenziali privati. Secondo le nuove regole, restano fuori dagli obblighi di ristrutturazione gli edifici storici e le seconde case utilizzate meno di 4 mesi all’anno. Cioè almeno 3 milioni di edifici. Ma non è tutto. Anche altri edifici possono godere di esenzioni e deroghe. (Continua a leggere dopo la foto)
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Iniziamo col dire che per “edifici storici” intendiamo edifici residenziali costruiti dal 1919 al 1945, i quali sembrerebbero essere esclusi dalla direttiva Case green. Secondo i dati Istat si parla di un patrimonio immobiliare italiano costituito dal 25% da questo tipo di immobili. Ma quali altri edifici che possono godere di esenzioni e quindi sfuggire dal nuovo obbligo di ristrutturazione? Ci rientrano: le abitazioni unifamiliari di superficie inferiore a 50 metri quadri; seconde case utilizzate meno di quattro mesi l’anno; edifici ricadenti nei centri storici; edifici vincolati dai Beni Culturali; chiese e gli altri edifici di culto; edifici di proprietà delle Forze armate o del Governo centrale e destinati a scopi di difesa nazionale. Sono circa 4 milioni di edifici sparsi in tutta Italia. Ma ci sono ulteriori deroghe. (Continua a leggere dopo la foto)
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Secondo la direttiva europea sulle Case green, gli Stati membri possono prevedere ulteriori deroghe e esenzioni per: edifici adibiti a luogo di culto e svolgimento di attività religiose; fabbricati temporanei con utilizzo non superiore a 2 anni; siti industriali, officine, depositi, edifici di servizio non residenziali a bassissimo fabbisogno energetico e di riscaldamento o raffrescamento; stazioni di approvvigionamento infrastrutturale; edifici agricoli non residenziali utilizzati in settori disciplinato da accordi nazionali di settore sulla prestazione energetica; edifici residenziali con un consumo energetico inferiore al 25% di quello presunto annuo; fabbricati indipendenti con superficie calpestabile totale entro i 50 metri quadri. E tutti gli altri? (Continua a leggere dopo la foto)
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Gli edifici costretti dall’Europa alla ristrutturazione
Tutti gli altri edifici, invece, rientrano nella direttiva europea sulle Case green e quindi devono seguire le seguenti regole: i nuovi edifici pubblici devono avere zero emissioni dal 2026; gli edifici non residenziali/pubblici dovranno essere in classe E/F entro il 2027; tutti i nuovi edifici dovranno adeguarsi alle tecnologie solari entro il 2028; i nuovi edifici residenziali dovranno avere zero emissioni dal 2028; gli edifici non residenziali/pubblici dovranno essere in classe D/E entro il 2030; gli edifici residenziali classe E entro il 2030. Ma attenzione: anche le case in ristrutturazione devono apporre tecnologie solari entro il 2032. Gli edifici residenziali, infine, devono raggiungere la classe D entro il 2033.
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