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Covid, come “eutanizzavano” i pazienti negli ospedali. Testimonianza choc a ‘Fuori dal coro’ (il VIDEO)

Pubblicato il 08/03/2023 16:31 - Aggiornato il 08/03/2023 16:33
Regoli infermiera pazienti Covid

Dall’inchiesta di Bergamo continuano a emergere nuovi dettagli. E nuovi fronti su cui indagare appaiono ora più che mai necessari. Gli italiani iniziano a rendersi sempre più conto di come sono andate davvero le cose e di chi siano state le responsabilità. Mentre si apre dunque il filone della gestione della prima emergenza, e nell’attesa che la magistratura faccia il suo corso, una fetta di giornalismo buono continua a scavare e a trovare informazioni, storie, notizie. Come quelle che Raffaella Regoli di “Fuori dal coro” ha raccolto in servizio choc andato in onda nell’ultima puntata della trasmissione condotta da Mario Giordano su Rete4. Come sono stati gestiti i pazienti della prima ondata? Quanto hanno pesato le direttive ministeriali di paracetamolo e vigile attesa? Cosa veniva fatto ai malati, soprattutto anziani, in ospedale e nelle Rsa? Regoli ha intervistato chi ha lavorato in quei mesi nel bel mezzo dell’emergenza Covid. Un’infermiera che dopo quell’esperienza ha smesso di lavorare. E cosa ha scoperto? (Continua a leggere dopo la foto)
>>> “Mi sono rifiutata di farlo”. Covid, le sconcertanti rivelazioni di un’infermiera a Raffaella Regoli (il VIDEO)

Dai protocolli con paracetamolo e vigile attesa che avrebbero causato migliaia di morti in più, ai falsi tamponi fino alla vaccinazione di massa, sono ancora tante le cose da chiarire e su cui bisogna fare luce per accertare danni e responsabilità. Regoli nel servizio dà voce a un’infermiera (che ha chiesto l’anonimato) che ha valorato nei reparti Covid, a inizio pandemia, in terapia intensiva e sub-intensiva: “I pazienti Covid arrivavano in condizioni già gravissime. A casa erano stati ‘curati’ per modo di dire… Noi iniziavamo a bombardarli con ogni tipo di farmaco, cortisone, antibiotici, eparina. Ma perché queste cura non venivano iniziare prima?”. Perché la direttiva era paracetamolo e vigile attesa. E guai a utilizzare gli antinfiammatori, indicava il ministero della Salute. (Continua a leggere dopo la foto)

E i pazienti Covid più anziani? Chiede Regoli. La risposta dell’infermiera: “Noi dovevamo stare il meno possibile per il rischio contagio. Loro erano chiusi nelle stanze, da soli, e perdevano proprio il contatto umano. Molto spesso venivano legati al letto con le mani e con i piedi. E morivano così”. Ma al chiuso degli ospedali accadeva anche di peggio, sempre in nome dell’emergenza. “Sono stati somministrati antivirali, sempre su indicazioni ministeriali, e si è visto che questi farmaci aggravavano ulteriormente la situazione. Però le disposizioni dicevano che dovevamo comunque somministrarli. Però ero io la mano che andava ad agire. Mi sembrava di avere un’arma letale tra le mani. Per cui è capitato che io per scelta personale non somministrassi il farmaco ma una fisiologica per non creare ulteriore danno. Però questo naturalmente lo facevo di nascosto”. (Continua a leggere dopo il video)

L’infermiera: “Una sorta di eutanasia”

Ma poi la testimonianza dell’infermiera riguarda anche i pazienti Covid che non potevano andare in terapia intensiva: “Per loro non si poteva fare altro che accompagnarli alla morte. Una sorta di eutanasia. Si attuava un protocollo con dei farmaci appositi, morfina e sedativi, e si lasciava che le persone (l’infermiera si commuove e non riesce ad andare avanti, ndr)… Ne ho visti tanti sedati e poi morire”. La donna ha poi smesso di svolgere la sua professione, e confessa a Raffaella Regoli: “Perché a un certo punto mi sono sentita complice. È stato troppo forte quello che abbiamo vissuto in quei mesi. Abbiamo visto il dolore di queste persone, vederle morire così.. Oggi vorrei solo giustizia“.

QUI il servizio completo di “Fuori dal coro”

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