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Altro che tachipirina e vigile attesa. Ora è ufficiale il Covid andava curato così. Le responsabilità di Speranza

Pubblicato il 26/08/2022 13:29

Dopo due anni e mezzo di pandemia, la comunità scientifica è finalmente concorde su un punto fondamentale riguardo al Covid: a uccidere i malati è l’infiammazione, non il virus. Già da tempo si parla di terapie precoci e di cure domiciliari, grazie anche e soprattutto a pionieri come il dott. Andrea Stramezzi, che già dalla prima ora ha sostenuto e prescritto l’utilizzo di antinfiammatori già nelle primissime ore a partire dal manifestarsi dei sintomi, prima ancora di attendere l’esito del tampone.
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Ebbene, ciò che il dott. Stramezzi – candidato con Italexit – sosteneva da tempo, oggi viene certificato da un ampio lavoro pubblicato su Lancet Infectious Diseases, condotto dall’Istituto di ricerche farmacologiche Mario Negri e dall’Asst Papa Giovanni XXIII di Bergamo, mette un punto fermo sulla questione: la terapia a base di antinfiammatori (in particolare non steroidei, i Fans), avviata all’inizio dei sintomi, riduce il rischio di ospedalizzazione dell’85-90%. Gli autori hanno preso in esame tutti gli studi pubblicati su riviste scientifiche di valore, condotti tra il 2020 e il 2021 (inclusi due lavori dello stesso Istituto Mario Negri), su un totale di cinquemila pazienti, tra gruppi di studio e di controllo.
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La notizia viene riportata dal Corriere della Sera e mostra come i risultati ottenuti da questa ricerca siano di grande interesse rispetto all’efficacia dei Fans nel trattamento delle forme lievi e moderate di Covid che non richiedono il ricovero. I dati sono incontrovertibili: accessi al pronto soccorso e ospedalizzazioni scendono dell’80% (dato accorpato), le sole ospedalizzazioni dell’85-90%, il tempo di risoluzione dei sintomi si accorcia dell’80% e la necessità di supplementazione di ossigeno del 100%. Numeri che non lasciano spazio ad interpretazioni: gli antinfiammatori somministrati precocemente salvano e avrebbero salvato migliaia di vite.
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Dunque, se i contagi dovessero tornare a salire, la terapia precoce con antinfiammatori, sempre gestita dai medici di famiglia, potrebbe scongiurare la pressione eccessiva sugli ospedali ed i relativi costi, soprattutto in terapia intensiva. Proprio questo fu uno degli aspetti più drammatici della discriminazione avvenuta in tempo pandemia, quando si accusavano in non vaccinati di far spendere soldi a tutta la comunità perché “intasavano gli ospedali”, quando in realtà sarebbe bastato disapplicare le direttive assassine del Ministero della Salute condotto da Roberto Speranza, ed ascoltare quei professionisti che, in scienza e coscienza, avevano già trovato una soluzione a buona parte del problema.
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Medici che, invece di essere premiati, sono stati vessati e sospesi grazie alle direttive di chi ha fatto di tutto per far sì che gli italiani non ricevessero le cure adeguate, ricorrendo al Consiglio di Stato per annullare le sentenze del Tar che bocciavano quell’insulso protocollo; difendendo a spada tratta il dogma di quella “tachipirina e vigile attesa” che, come accertato su più fronti (qui e qui), ha causato probabilmente decine di migliaia di morti. Alla luce delle evidenze scientifiche a disposizione oggi, si può facilmente evincere come le gestioni del Governo Conte prima e di quello Draghi poi, attraverso l’incommentabile lavoro di Roberto Speranza nelle vesti di Ministro della Salute in entrambi, abbiano arrecato danni incalcolabili a tutti il Paese, sia in tema di decessi, che in tema di danni economici, che in tema di discriminazione.

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