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“Vergogna! Chi gli ha fatto da sponsor”. Sindacati nella bufera: chi c’è dietro al concertone del Primo maggio

Pubblicato il 02/05/2023 17:07 - Aggiornato il 30/05/2023 13:34
primo maggio Just eat

Più di qualcuno ha storto il naso – per usare un eufemismo – nel leggere che tra gli sponsor del canonico “concertone” del Primo Maggio c’era anche Just Eat, la multinazionale del delivery food. Ma come? Non è proprio in quel settore che si registrano di giorno in giorno storie sempre più agghiaccianti sui rider e sui fattorini? Non sono proprio i rider e i fattorini a essere stati definiti da sociologi e addetti ai lavori i “nuovi schiavi“? Siamo alle solite. Questa vicenda è esattamente lo specchio di una sinistra che ormai è moda, tendenza lgbt, genderfluidity, armocromia, pfizermania, ma che non ha nessunissima intenzione di dare il benché minimo fastidio ai padroni del “vapore” i quali in cambio restituiscono l’obolo della sponsorizzazione degli influencer del politicamente corretto che si fanno domande su tutto tranne che sulla cosa più importante: “Da dove vengono i soldi?”. (Continua a leggere dopo la foto)
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Pecunia non olet, dicevano i latini, soprattutto se mentre la prendi ti senti anche “buono” e dalla parte giusta. Quindi perché Just Eat stona così tanto al concertone? Mentre la sinistra è presa a interrogarsi sul prossimo vestito che l’armocromista consiglierà a Elly Schlein, accetta anche di buon grado i soldi da Just Eat per organizzare una manifestazione a difesa dei lavoratori. Qualcuno obbietterà dicendo che solo i dipendenti di Just Eat, quasi 6mila in Italia, sono subordinati e vengono pagati ad ore, come qualsiasi altro lavoratore. Ma nel nostro Paese i rider attualmente attivi, vale a dire quelli che lavorano con cadenza periodica, sono quasi 30mila. Ad oggi, questi ciclofattorini lavorano in base a una normativa che li rende o autonomi occasionali o lavoratori con partita iva. (Continua a leggere dopo la foto)

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primo maggio Just eat

Come sottolinea Linkiesta, però, il vero problema consiste nella modalità di lavoro perché, nell’ottica di effettuare il maggior numero di consegne per guadagnare il più possibile, l’aspetto della sicurezza diventa secondario e gli incidenti sono all’ordine del giorno. Alcuni mortali. “La spinta a correre dipende dalle condizioni di competizione imposte ai lavoratori. È l’algoritmo a stabilire quale sia il tempo necessario per una consegna e la strada da percorrere, discriminando i lavoratori meno efficienti in base alle proprie valutazioni. Il ranking reputazionale condiziona l’accesso al lavoro”. È il lavoro negli anni Venti del 2000, baby. E la sinistra non storce il naso, anzi. Accetta di buon grado di mettersi in partnership con esso. Può anche andar bene il passo avanti di Just Eat, certo, ma è comunque un simbolo di quel mondo del lavoro. (Continua a leggere dopo il video)
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Primo maggio, i sindacati e lo sponsor della multinazionale dei rider e della “Dark kitchen”

Quindi diciamolo: lo spettacolo dei sindacati in piazza per il Primo Maggio finanziati da un’azienda del food-delivery (e dei rider) è impietoso. O rivelatore, per carità. Questo è infatti un settore nel quale si assiste da tempo, soprattutto in Italia, alla definitiva legalizzazione del cottimo. Si poteva capire se questa manifestazione fosse organizzata da Confindustria, che presenta e tutela un nuovo settore, ma dai sindacati proprio no. Se il sindacato è questo… Che lavoro e che ricchezza stanno difendendo e promuovendo? Schiavi “stabilizzati“. Come dice il Ceo di Just Eat: “Noi siamo gli unici ad averli stabilizzati“. Mentre intanto spopola il fenomeno delle “Dark Kitchen“, o “Ghost Kitchen” (cioè cucine che producono solo cibo per il delivery), in cui Just Eat è coinvolta, e che punta alla smaterializzazione dei ristoratori con conseguente vaporizzazione dei posti di lavoro annessi. Ma sì, che ci frega. Purché finanzino il concertone e si canti in piazza.

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