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“Finanziamenti all’Isis”. Vergogna in Francia: “Ecco cosa hanno fatto in Medio Oriente pur di fare affari”

Pubblicato il 02/05/2023 11:49
Lafarge Isis terrorismo Francia

In Francia è scoppiata una vera e propria bomba. Il colosso del cemento Lafarge è accusato di aver finanziato i terroristi dell’Isis. Ma cosa è successo? Grazie a un lavoro di inchiesta sono emersi documenti inediti che gettano più di un’ombra su una vicenda complicatissima. Tutto parte da una email che il 26 luglio 2012 Christian Herrault, vicedirettore generale della multinazionale leader mondiale del cemento, inviò a due suoi collaboratori. Nell’oggetto scrisse: “Siria“. Il Paese era precipitato nella guerra civile e propri lì Lafarge possiede la più grande fabbrica di cemento del Medio Oriente. Come riporta Il Fatto Quotidiano, pubblicando un reportage di Mediapart a firma di Fabrice Arfie e Matthieu Sue, in quella mail Herrault esprimeva i suoi dubbi sul restare o andarsene. Alla fine l’azienda decise di restare. Ma a che prezzo? (Continua a leggere dopo la foto)
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A quanto pare l’unico modo per restare sarebbe stato patteggiando con l’Isis per mantenere la fabbrica in funzione. A tutti i costi. In un rapporto del Service d’Enquétes Judiciaux des Finances (SEJF) del novembre 2020, a cui Mediapart ha avuto accesso, si legge che “in due anni, malgrado i rischi incorsi in un Paese in guerra, la direzione di Lafarge ha trattato con l’Isis come con qualunque altro fornitore, cosa che ha influito sul prezzo di vendita del cemento e ridotto i margini operativi dell’azienda”. Infatti, mentre infuriava la guerra e crescevano le tensioni diplomatiche e internazionali, la fabbirca ha continuano a lavorare tranquillamente. Come è stato possibile? “Lafarge pagava i terroristi per proteggere l’impianto”, si legge nel report che ha contribuito all’iscrizione di Lafarge al registro degli indagati per “complicità in crimini contro l’umanità”. (Continua a leggere dopo la foto)
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Lafarge Isis terrorismo Francia

Non solo. Nero su bianco si legge nell’accusa: “Finanziamento del terrorismo”. Tra le migliaia di documenti raccolti dagli inquirenti, c’è un’altra mail di Christian Herrault del luglio 2014: “Dobbiamo continuare ad agire secondo il principio che siamo pronti a dividere la ‘torta’, se c’è una ‘torta’ – è scritto – . E per me, è da considerarsi ‘torta’ tutto ciò che si può identificare con il profitto”. Ma quanti soldi ha versato Lafarge ai terroristi dell’Isis in Siria per poter mantenere la sua attività? Nell’articolo – citando un rapporto delle società private di consulenza Baker McKenzie e PwC – si parla di più di 15 milioni di euro. Da altre mail interne è emerso che il direttore della fabbrica siriana ha chiesto a varie riprese a degli intermediari del gruppo “di risolvere il problema con l’Isis” o rinegoziare con l’Isis”. (Continua a leggere dopo la foto)
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Vergogna in Francia per lo scandalo Lafarge

“Bruno Pescheux, direttore della fabbrica Lafarge dal 2008 al 2014, sapeva che stava finanziando un gruppo terroristico chiamato Isis, con l’assenso dei suoi superiori”, si legge ancora nel rapporto del SEJF. Altri documenti ottenuti dagli inquirenti mostrano il cinismo della multinazionale francese. Nel resoconto di una riunione del 2014 un addetto al controllo interno commenta così le vendite di cemento siriano del mese di aprile: “Ho avuto una lunga discussione con i militari islamisti. Abbiamo portato avanti un ampio studio di marketing e accetteranno di fornire carburante, pneumatici e pozzolana a un buon prezzo”. Tutti gli indagati ora negano. Il prossimo 19 settembre la Corte di Cassazione deve esaminare la fondatezza dell’incriminazione contro Lafarge S.A. per “complicità in crimini contro l’umanità”.

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