Laura Boldrini è una garanzia. È come quando uno non vuole comprare un nuovo album ma ascoltare il solito vecchio disco che conosciamo a memoria. È confortante. E così, anche stavolta, ha ripetuto la sua litania. “Sono cose da Orban“, ha detto. Una frase che, riferita alla Meloni (o al governo, o alla destra, o alla Lega, o a Fratelli d’Italia) le abbiamo sentito dire almeno mille volte. Ma perché mai l’ha ritirata fuori? Perché ha cantato il suo ritornello preferito? Per commentare il dramma della denatalità in Italia e le strategie che il governo sta studiando per provare a contrastarla. La natalità è infatti al minimo storico, e la mortalità resta ancora elevata: meno di 7 neonati e più di 12 decessi per 1.000 abitanti. Nel 2022 i nati sono scesi, per la prima volta dall’unità d’Italia, sotto la soglia delle 400mila unità. (Continua a leggere dopo la foto)
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Il ministro dell’Economia, Giorgetti, ha parlato di una “proposta politica” per il futuro demografico del Paese. E ha lanciato una prima idea a nome del governo: “Detrazione da 10mila euro per i figli a carico fino alla fine degli studi universitari”. Oltre alla regolarizzazione dei flussi migratori di cui il Paese ha bisogno, si vuole dunque intervenire anche per supportare chi i figli vorrebbe farli ma non può. E in tutta risposta arriva la risposta di Boldrini: “Niente tasse per chi ha figli? Queste sono cose da Orban“. (Continua a leggere dopo la foto)
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Non una parola di Boldrini sulla vignetta del Fatto contro Meloni
Del resto sembra che a Laura Boldrini non importi davvero della questione femminile e della difesa delle donne. Oltre a non supportare gli sgravi fiscali dal governo per agevolare le donne con figli, non ha neanche detto una sola parola a difesa della Meloni dopo la vergognosa vignetta del Fatto. La vignetta che ha protagonista Arianna Meloni, sorella della premier, a letto con un uomo di colore. Ha scritto su Twitter, però, che “Meloni sta trascinando l’Italia, Paese fondatore UE, nell’angolo più oscuro d’Europa”. Perché l’Europa ha “condannato” il nostro Paese (insieme all’Ungheria di Orban e alla Polonia) per il “linguaggio omofobo e il sostegno a movimenti anti LGBTQIA+”.
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