Non bastavano gli smartphone, gli assistenti vocali come Alexa o Ok Google, adesso anche le nostre macchine ci spiano. Lo sapevate? In questa era del controllo totale attraverso i dati che produciamo, ecco qua che ogni volta in cui saliamo su un’auto moderna generiamo dati personali (che poi magari diffondiamo via wi-fi, bluetooth o gps) che vengono acciuffati e prontamente utilizzati. Utilizzati non solo per per scopi tecnici, sarebbe il minimo. Ma anche per fini commerciali – lo fanno le case automobilistiche, le assicurazioni, i distributori di carburanti, i servizi di ricarica – e di controllo. Profilati e controllati. “Loro” sanno tutto. Dove andiamo, da dove veniamo, come guidiamo, che musica ascoltiamo mentre siamo in viaggio, chi incontriamo sul nostro tragitto persino. L’auto dunque ci spia e ci ruba i dati. Ma come fanno? Come funziona questo sistema? (Continua a leggere dopo la foto)
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Lo spiega molto bene un articolo del Corriere, che sintetizza: “Cedere informazioni su di noi è il prezzo che paghiamo per trovare facilmente una destinazione, aprire a distanza le portiere, tentare di evitare incidenti. Ecco, la questione è tutta qui, costi e benefici“. Le domande da porci, dunque, sono poche ed essenziali: a quanta privacy siamo disposti a rinunciare per la nostra sicurezza? Quanta per semplice pigrizia? Quanto la comodità che ci vendono cela in realtà il loro bisogno di acquisire dati su di noi per altri fini? Ognuno di noi conosce perfettamente la risposta dentro di sé. E ora sveliamo i modi in cui la nostra auto ci spia e ruba i nostri dati (e li “rivende”). Partiamo dall’apertura delle portiere… (Continua a leggere dopo la foto)
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Bello poter aprire le portiere da remoto, giusto? Comodissimo, soprattutto quando siamo con la spesa in mano. Ma la chiave con chip che ci permette di farlo permette l’accesso anche a tutti i nostri dati personali. Non ci credete? Lo ha chiarito una sentenza della Corte di Cassazione del luglio 2021, in cui è stato ritenuto che una chiave elettronica di un’auto è da considerarsi un dato personale. “Se, infatti, una chiave meccanica può essere ricondotta a una serratura solamente in presenza della stessa, un dispositivo elettronico consente di risalire a un’auto specifica e da qui al nome del proprietario, per cui l’oggetto è da considerarsi contenere dati personali che vanno tutelati come dal regolamento europeo, General Data Protection Regulation”. (Continua a leggere dopo la foto)
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Ma la cosa più semplice per raccogliere dati su di noi è farlo attraverso il Gps. Ormai lo troviamo installato praticamente su tutte le auto. Ci consente di trovare facilmente una destinazione senza impazzire con i vecchi stradari e senza chiedere informazioni a ogni incrocio. Comodissimo. In più ci permette di trovare il distributore – o la colonnina di ricarica – più vicino se stiamo “sbenzinando” e, cosa ancora più importante, in caso di furto di recuperare o almeno individuare il nostro mezzo. Il prezzo da pagare? Siamo localizzabili e localizzati in tempo reale. Scrive il Corriere: “Ipoteticamente anche dal nostro datore di lavoro se guidiamo un’auto aziendale”. O dalla polizia. Ma attenzione perché c’è un elemento in più: i Gps, se collegati al nostro smartphone, possono registrare tutti i percorsi e ricostruire tutti i tragitti compiuti durante un preciso lasso di tempo. Lo fanno le compagnie di noleggio auto… (Continua a leggere dopo la foto)
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Scatola nera nelle auto, il viceministro Bignami spinge
Per questo c’è da storcere un po’ il naso quando sentiamo il neo viceministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili, Galeazzo Bignami, intervenire al ForumAutomotive di Milano e dire certe cose sulla “scatola nera” da mettere nelle auto. Come sempre, queste mosse sono nascoste da intenti all’apparenza nobili e incontrastabili. In questo caso di parla di una serie di misure per prevenire le stragi sulle strade italiane. Benissimo, ci mancherebbe. Da una parte Bignami ha promesso un giro di vite sul conseguimento della patente (sarà sempre più difficile e con più ore di guida obbligatorie), dall’altra ha proposto l’introduzione di scatole nere sui veicoli per monitorare e registrare i dati relativi alla sicurezza stradale.
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