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“Ecco perché non hanno fatto le autopsie”. Decessi post vaccino, lo scoop di “Fuori dal Coro” (VIDEO)

Pubblicato il 12/04/2023 19:57 - Aggiornato il 18/04/2023 09:41

Quante vite si sarebbero potute salvare? Ce la poniamo da tempo, questa domanda, e a maggior ragione oggi che apprendiamo che l’Aifa, l’Agenzia nazionale del farmaco, ha bloccato le indagini sulle autopsie delle persone venute a mancare dopo essersi sottoposte al vaccino contro il Covid: anche dalla puntata di ieri di Fuori dal Coro, dunque, sono emerse le verità più raccapriccianti su quello che avveniva sulla pelle dei cittadini – letteralmente – e ne vien fuori una realtà vergognosa. Fu proprio l’allora direttore generale dell’Aifa Nicola Magrini, secondo quanto riportato dai documenti interni mostrati in esclusiva in trasmissione, che avrebbe interrotto le indagini sulla morte del militare Stefano Paternò, deceduto a marzo del 2021, e di altre quattro persone. Dunque, Magrini, uomo di fiducia dell’ex ministro Speranza, avrebbe bloccato le indagini sulle autopsie dopo le morti sospette seguite, per la precisione, alla somministrazione del vaccino Astrazeneca. Va sottolineato con forza ed enfasi che la correlazione tra il decesso di Stefano Paternò – vaccinato contro il Covid l’8 marzo 2021 e deceduto nel sonno il giorno dopo – e il vaccino Astrazeneca è stata stabilita dal Tribunale di Siracusa, in seguito a delle perizie mediche. Torniamo al 18 marzo 2021, allorché all’Aifa vennero preparati i documenti per poter visionare gli esiti delle cinque autopsie. Ebbene, le richieste non saranno mai inviate alla Procura. A provarlo è un documento interno datato 12 agosto 2021, mostrato dalla giornalista Marianna Canè, che sta da tempo svolgendo un meritorio lavoro d’inchiesta, e che riporta quanto scoperto anche nel suo articolo di oggi su La Verità. (Continua a leggere dopo il VIDEO)
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Ciò che viene mostrato in trasmissione è una conversazione tra colleghi, uno dei quali conferma quanto accaduto: il direttore generale Magrini era intervenuto bloccando le richieste. Testualmente si legge: “Ricordo male o le richieste alle procure non sono mai state inviate perché il direttore generale non ha voluto?”. “Ricordi bene”, la risposta. L’Aifa, peraltro, era – almeno in teoria – obbligata per legge a visionare tali esami: le autopsie erano indispensabili per valutare eventuali reazioni avverse dei vaccini. È, sempre in teoria, uno dei compiti statutari dell’Agenzia del farmaco. Ma ai massimi vertici Aifa questo interessava meno che tutelare la multinazionale, sempre secondo la documentazione originale mostrata in trasmissione e richiamata nell’articolo. Ma vi è anche dell’altro, e persino di più grave: Un altro documento interno, che è datato 13 febbraio 2021 e che dunque precede di oltre un mese la morte del militare, conferma che l’Aifa sapesse già che il vaccino Astrazeneca poteva essere pericoloso e al suo interno si nutrivano dubbi sulla sua stessa efficacia. “Una schifezza, si vaccina per nulla. Oltre il danno, la beffa”, si legge sulla mail interna. Altri documenti confidenziali fanno menzione di pressioni da parte di Astrezeneca ancora su Aifa, affinché il proprio vaccino non venisse bloccato, quantunque molteplici effetti avversi fossero già stati segnalati. (Continua a leggere dopo la foto)
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aifa bloccò autopsie

Infatti, il 9 marzo (che, per una tragica fatalità, era precisamente il giorno della morte di Paternò) la casa farmaceutica invia all’Aifa una comunicazione classificata come “confidenziale”. Proprio in quei giorni nella vicina Austria le autorità sanitarie avevano ritirato un lotto del vaccino Astrazeneca, per una morte sospetta, e un altro era finito sotto osservazione. In merito ai medesimi due lotti, quindi il colosso di Big Pharma scrive: “Astrazeneca propone che questi lotti continuino a essere distribuiti e somministrati”. Dunque, Astrazeneca dettava la linea e Aifa, nonostante la quasi contemporanea scomparsa di Stefano Paternò, si adeguava. L’Agenzia, effettivamente, né modificò i protocolli, né ritirò il lotto somministrato a Stefano Paternò: dovette pensarci la magistratura a richiederne il sequestro.

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