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Sanità, ecco perché mentre lo Stato taglia, i privati si arricchiscono (coi nostri soldi)

Pubblicato il 23/03/2020 12:48

Dei tagli alla sanità italiana negli ultimi anni abbiamo già detto. Stavolta, però, ci concentriamo su un altro aspetto: quello relativo allo Stato che taglia e ai privati che aumentano i loro guadagni. Sergio Rizzo su Repubblica racconta ad esempio “la straordinaria performance di una matricola capace di segnare un più 56,9 per cento dal collocamento in Borsa, nel novembre 2018, con tutto quello che è successo da allora sui mercati? E non una matricola qualsiasi, ma la prima ad avventurarsi su un terreno fino a quel momento sconosciuto in Piazza Affari: la sanità. La società si chiama Garofalo health care, è stata fondata dal medico Raffaele Garofalo e ora è nelle mani di sua figlia Maria Laura Garofalo. Possiede 24 strutture dal Lazio in su, ed è considerata a ragione fra i leader nel settore della sanità privata accreditata. Una vicenda di successo, indiscutibilmente. Prova provata che con la sanità pubblica c’è chi riesce a fare davvero buoni affari. A dispetto dei tagli che il servizio sanitario avrebbe subito negli ultimi anni”.

“Dal 2000 al 2018 la spesa sanitaria pubblica è cresciuta di ben il 69 per cento, da 63,8 a 115,4 miliardi. Con il paradosso che mentre lo Stato sborsava sempre più soldi, si chiudevano ospedali dappertutto. Paradosso forse apparente: in vent’anni la spesa sanitaria ha senza dubbio risentito di alcuni fattori indipendenti dal numero dei posti letto, come il costo di farmaci e apparecchi sempre più sofisticati, nonché l’invecchiamento della popolazione. Ma la cura dimagrante c’è stata, e in certe situazioni molto pesante. Secondo i dati dell’ultimo annuario del servizio sanitario, fra il 2009 e il 2017 sono state chiuse ben 77 strutture pubbliche. Il loro numero si è ridotto da 638 a 518, con un calo del 18,8 per cento. La chiusura degli ospedali statali ha portato a una flessione del 13,6 per cento dei posti letto pubblici”.

Con la situazione drammatica determinata dall’epidemia del coronavirus questi numeri suggeriscono una serie di considerazioni. “Di sicuro tagli fatti così hanno colpito anche sprechi inaccettabili, ma è altrettanto certo che non hanno accresciuto in misura determinante la capacità di rispondere alle emergenze. Quanto agli effetti sul piano economico dello sbilanciamento pubblico-privato, parlano chiaro i dati del rapporto Gimbe sulla sostenibilità del servizio sanitario nazionale. Ed è anche un fatto che con la sanità privata finanziata dal pubblico, grazie ai margini talvolta enormi garantiti dalle convenzioni, si sono costruite immense fortune”.

La famiglia Angelucci ad esempio, o la famiglia Rotelli, a cui fa capo il maggior gruppo del settore della sanità privata convenzionata con un fatturato dell’ordine di 2 miliardi. “Per non parlare di quegli imprenditori di altri settori che hanno ben volentieri diversificato nella sanità. Come Gian Felice Rocca, il proprietario della Techint, considerato l’ottavo uomo più ricco del Paese, attualmente patron del gruppo Humanitas. E questo solo per restare ai protagonisti principali. Il Covid-19 ora ha messo la nostra buona sanità davanti a scenari inediti”. Urge un sano riequilibrio, anche per le tasche dei contribuenti.

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