Le strutture che ospitano gli extracomunitari sono sotto stress da anni, e nelle prossime settimane è previsto un aumento degli arrivi sul territorio. Ma il Pd ha sempre una soluzione, per tutto: l’idea, in questo caso, è di tornare alla “accoglienza diffusa”, il cosiddetto modello Lamorgese. Tornare, dunque, “alla distribuzione” di migranti “in maniera estesa” sul territorio” nazionale, con i relativi servizi. Ed è esattamente quest’ultimo il punto, giacché tali prestazioni, tra le altre criticità, non farebbero distinzione alcuna tra chi richieda la protezione internazionale e chi invece l’abbia già ottenuta. Dall’inizio dell’anno, secondo gli ultimi dati diffusi dal Viminale, sono sbarcati sulle coste italiane 75.065 migranti, a fronte dei 31.920 arrivati nello stesso periodo dello scorso anno. Parlando solo di Lampedusa, qui nelle ultime 24 ore sono arrivati oltre 600 migranti, con l’hotspot che, a fronte di 400 posti disponibili, deve fare i conti con oltre duemila presenze. (Continua a leggere dopo la foto)
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L’accoglienza diffusa
Inoltre, di fronte alla comparsa di alcune tende fuori dai centri di accoglienza – le ultime sono spuntate in Toscana, in provincia di Firenze, ma si sono viste anche a Bologna – di cui leggiamo su La Nazione, e all’aumento degli sbarchi, il Partito democratico rispolvera il cavallo di battaglia della accoglienza capillare, nonostante i fallimentari precedenti in materia. Il sistema, poi smantellato da Matteo Salvini allorché era ministro dell’Interno, è stato rilanciato da Rachele Scarpa, deputata Dem eletta in Veneto, ma i diritti d’autore spettano a Elly Schlein, secondo cui “distruggere l’accoglienza diffusa è inumano”. Giocando di sponda con i sindaci, si intende riproporre quel sistema per cui una rete composta da innumerevoli cooperative e associazioni, anche sorte all’uopo, dietro lauta retribuzione si occupavano autonomamente dei servizi materiali, sanitari, di assistenza sociale e di mediazione linguistico-culturale. Ma non ai “veri” rifugiati, bensì a tutti, anche a chi si dovesse scoprire, poi, non meritevole della protezione internazionale: i clandestini, dunque, beneficerebbero parimenti di “Alloggiamento e pernottamento”, “Somministrazione dei pasti (colazione-pranzo-cena)”, “Pulizia e igiene ambientale, compreso i servizi di lavanderia” e “Prodotti di igiene personale”. In molti casi, come si ricorderà, i migranti venivano anche ospitati dagli hotel, con conseguente e ovvia impennata dei costi di gestione. Siamo, peraltro, in alta stagione turistica, e la soluzione ci appare ancor più folle. (Continua a leggere dopo la foto)
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L’inquietante “profezia” di Serracchiani
Di recente, anche Debora Serracchiani, la responsabile Giustizia del Pd, che con disinvoltura è passata dall’essere renziana ad appoggiare la “sinistra-sinistra” di Schlein, aveva dichiarato: “L’accoglienza diffusa non è un feticcio né uno spauracchio, ma uno strumento per tempi difficili”. Aggiungendo: “O ci si occupa del problema, oppure l’accoglienza diffusa l’avremo lo stesso, solo fuori controllo e nelle nostre strade”. Parole che incutono, peraltro, una certa inquietudine se solo pensiamo a quel che di recente è accaduto nelle principali città francesi. (Continua a leggere dopo la foto)
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Il sistema Piantedosi
Il modello portato avanti dal governo Meloni, invece, è ben diverso. Al di là delle missioni diplomatiche in Tunisia, verso cui guardiamo tutti con speranza mista a disincanto, il dicastero guidato da Matteo Piantedosi punta sulle strutture governative, e dunque i Centri di accoglienza per richiedenti asilo (Cara); i Centri di accoglienza straordinaria (Cas), gli hotspot in Sicilia e Calabria e, soprattutto, sulla realizzazione di almeno un Centro di permanenza e rimpatrio (Cpr) in ogni Regione d’Italia. Questi dovrebbero innanzitutto i migranti cosiddetti “problematici”.
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