x

x

Vai al contenuto

Gli italiani sognano di essere curati come il cagnolino di Fedez e della Ferragni

Pubblicato il 07/07/2020 14:05 - Aggiornato il 07/07/2020 14:14

di Savino Balzano.

Il giorno è un’opera del grande Giuseppe Parini e l’autore, adoperando un tono amabilmente sarcastico declinato in endecasillabi, prende per il culo impietosamente la nobiltà italiana del ‘700. L’ironia cui fa ricorso il Parini può anche strappare qualche sorriso al lettore, ma si tratterà sempre di una sghignazzata amara, quasi livorosa, mai davvero liberatoria. Nel suo scritto, riesce infatti magistralmente a dare un’immagine plastica anche delle differenze sociali, delle ingiustizie, delle iniquità che quotidianamente si consumavano in seno al popolo di quei tempi.

C’è un passaggio che resta davvero impresso nella memoria. Parini racconta della cagnolina di una signora d’alto lignaggio: la descrive adoperando attributi nobiliari, quasi sacrali, e la definisce «la vergine cuccia» dai denti d’avorio. Ebbene, questa cagnolina, racconta un giorno la dama, giocando «come i cuccioli fanno» diede un morso al piede del servitore. Questi, spaventatosi, osò allontanarla con lo stesso piede «sacrilego». La vergine cagnolina, si impaurì e, stando al racconto, mostrò segni di forte sofferenza: aveva il pelo scompigliato, dalle narici soffiò via della polvere, ma soprattutto guaì. La padrona, alla vista di una scena che le apparve tanto truculenta, svenne, mentre nel frattempo accorrevano tutti gli altri servitori per prestare soccorso.

Una volta ridestatasi, seppur ancora in preda alla collera e al dolore, la padrona decise di vendicare la vergine cagnolina «alunna della Grazia» e cacciò via il servitore. Lui aveva provato a chiedere perdono, implorò persino, ma non venne ascoltato: tutti erano inorriditi dalla sua colpa e nessuna dama volle accogliere un uomo macchiatosi di un così «atroce misfatto». Il servo fu costretto all’indigenza e all’elemosina, con la «squallida prole» e la «nuda consorte».

Il Corriere della Sera in un articolo particolarmente accorato a firma della Redazione, esprime fortissima apprensione per Matilde, un simpatico bulldog francese di dieci anni, che pare essere stata colta da un malessere, probabilmente riconducibile a un tumore. Si tratta del cane di Chiara Ferragni e di Fedez che vivono con profondo turbamento questa parentesi. Lei pare abbia inviato un messaggio alla cagnolina tramite i suoi social, sembrerebbe abbia scritto: «Sei la più forte mia piccola, ti mandiamo le migliori vibes. Ce la farai». Di positivo c’è che abbiamo appreso del ricorso contemporaneo alle “vibes”, ma l’ottimismo non manca nemmeno in famiglia: la cagnolina è stata ricoverata d’urgenza e immediatamente sottoposta a una risonanza magnetica; Chiara trasmette speranza, supportata dal compagno che invita a guardare «il bicchiere mezzo pieno». Parrebbe che si stiano per aprire le porte di una clinica specializzata a Zurigo, per sottoporre la creatura a delle sedute di radioterapia: di certo c’è che ci terranno aggiornati sull’evoluzione del quadro clinico di “Mati”.
Nulla da obiettare, ci mancherebbe altro: ognuno fa dei propri mezzi quel che ritiene più opportuno, come assolutamente comprensibile appare l’amore e l’apprensione che si possano nutrire per un animale (chi scrive ha adottato cinque cani e tre gatti), pur tuttavia alcuni tratti in comune tra le due vicende sono massimamente evidenti e sollevano qualche dubbio circa il buongusto e la bontà “estetica” di certe dinamiche (le quali probabilmente prescindono dagli stessi Ferragni e Fedez).

Non c’è da insistere su quanto venga riservato al cane, per carità, ma davvero riflettere sull’equità di un modello complessivo: sono passati tristemente alle cronache i travagli di malati in attesa per mesi di essere sottoposti a esami clinici e ad accertamenti che non arrivavano mai, magari anticipati dal decesso stesso del paziente. Si è appena conclusa la fase acuta del Covid e abbiamo toccato con mano l’inadeguatezza del nostro sistema sanitario: molti, moltissimi concittadini sono morti per l’impossibilità di accedere ai reparti di terapia intensiva, da soli, a casa, magari nella vana attesa di ricevere una bombola d’ossigeno che lenisse un soffocamento che descrivono come atroce.

Qualcosa stride e forse è importante che certe distanze, quelle ad esempio esistenti tra gran parte del popolo italiano e la cagnolina Matilde, siano accorciate: potremmo riuscirci migliorando le cure riservate ai nostri concittadini meno tutelati.

Sia ancora una volta la Costituzione a guidarci: la Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti. Lo Stato è il solo a poter tracciare i doverosi profili di giustizia sociale: non può e non deve arretrare, anzi. È fondamentale riconquistare tutto il terreno perduto, sacrificato sull’altare di un’austerità europeista che, iniqua più che mai, ha colpito con maggior durezza proprio i più deboli, i più fragili, i più bisognosi: i paesi ricchi speculano su quelli poveri, il nord sul sud, il centro sulle periferie.

Che l’individuo torni al cuore dell’Italia, che la dignità della persona e la sua libertà siano i sacri obiettivi di chi si impegna nella politica del Paese: che la Costituzione sia il programma.