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“Lo Stato ci deve mezzo miliardo”. L’ennesimo disastro firmato Arcuri rischia di costarci carissimo

Pubblicato il 13/04/2023 12:59 - Aggiornato il 18/04/2023 09:50

Se pensavate che i disastri di Domenico Arcuri fossero ormai definitivamente alle spalle, ora che il Covid ha smesso finalmente di far paura e che l’ex commissario straordinario non è più chiamato a prendere decisioni importanti per il Paese, sappiate che vi sbagliate. E di grosso. L’Italia rischia infatti di pagare altri, salatissimi conti per le scelte compiute durante i mesi della pandemia, con lo spettro di un maxi-risarcimento che si è di colpo affacciato all’orizzonte: mezzo miliardo di euro, per la precisione, un vero e proprio tesoretto chiesto alla presidenza del Consiglio dalla società Jc Electronics sotto forma di risarcimento danno in sede civile. Il tutto, questa la motivazione che ha spinto l’azienda a farsi avanti, a causa di una svista proprio di Arcuri e di quella che un tempo era la sua squadra. (Continua a leggere dopo la foto)
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Come spiegato da Repubblica, infatti, durante la pandemia Jc Electronics aveva importato milioni e milioni di mascherine che avrebbero dovuto essere indossate dagli italiani come misura di contrasto al coronavirus, come invocato da scienziati e politici all’epoca. Dispositivi di buona qualità che, però, erano stati bloccati e in parte anche non pagati. (Continua a leggere dopo la foto)

mezzo miliardo arcuri

Il motivo di questo improvviso dietrofront? Secondo la società, un clamoroso errore di Arcuri e dei suoi: la struttura commissariale non avrebbe inoltrato al Cts una mail inviata da Jc con un test fondamentale per la validazione delle mascherine, il Til. I dispositivi di protezione per il viso erano stati così bocciati, situazione che non si era risolta nemmeno con il passaggio di consegne al generale Francesco Paolo Figliuolo. (Continua a leggere dopo la foto)

Come ricostruito da Repubblica, “mentre Jc chiedeva il pagamento delle mascherine, la struttura commissariale aveva disposto, nel silenzio, una perizia dei dispositivi da parte dell’Agenzia delle dogane”. Con l’obiettivo, secondo gli atti d’accusa dell’azienda, di ottenere un esito negativo e chiudere il contratto definitivamente, senza dover sborsare un euro per le mascherine. Il team di Figliuolo si sarebbe sempre rifiutato di consegnare il documento che avrebbe permesso di riattivare il contratto e pagare quanto dovuto. Nell’inchiesta, al momento, appare indagato solo Arcuri per abuso d’ufficio.

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