Un acronimo li identifica: “Neet”, oramai è noto, sta per Not (engaged) in Education, Employment or Training, coloro che non studiano e non lavorano, non ricevono una formazione e sono essenzialmente inattivi, tipicamente adolescenti e ragazzi sino ai 30 anni circa. Tutti ne avremo sentito parlare almeno una volta, e se oggi riprendiamo questo argomento è perché abbiamo purtroppo conquistato un poco ambito podio. I Neet italiani, in proporzione al numero di abitanti, esclusa la sola Romania, sono i più numerosi in Europa: addirittura il 19%, e stratificando il dato emerge che il 17,7% dei ragazzi maschi rientra in tale poco ambita categoria e che le ragazze sono ancora di più, oltre il 20%. La media europea è molto più bassa: dal 10,5% per i maschi al 13,1% per le femmine. Lo dicono gli ultimi dati offerti da Eurostat. A sua volta, Confartigianato, che ha analizzato i dati, sottolinea come il trend sia in crescita. È, invece, il contrario nel resto d’Europa: nell’ultimo decennio la percentuale complessiva dei giovani che non studiano e non lavorano è passata dal 16% del 2012 all’11,7% del 2022. L’obiettivo dichiarato dell’Unione europea è di arrivare a un target medio del 9% di Neet nel 2030, fissato come punto della sua agenda sociale. Un dato che, in realtà, è già ottimale in alcuni Paesi europei, con i Paesi Bassi (4,2%) e Svezia (5,7%) a tirare la volata, ma anche Malta (7,2%), Lussemburgo (7,4%), Danimarca (7,9%), Portogallo (8,4%), Slovenia (8,5%), Germania (8,6%) e Irlanda (8,7%) allineati. (Continua a leggere dopo la foto)
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Italia (ancora una volta) spaccata in due
Tornando all’Italia, i Neet sono più di 3 milioni, con una prevalenza femminile di 1,7 milioni, e va purtroppo riscontrato come il nostro Paese si dimostri essere “a due velocità”, con evidentissime disuguaglianze strutturali come leggiamo sul portale Open. Infatti, nel Mezzogiorno d’Italia c’è la più alta presenza di giovani che non studiano, non lavorano e non si formano: sono il 39% rispetto al 23% del Centro Italia, al 20% del Nord-Ovest e al 18% del Nord-Est. In Sicilia, per esempio, quasi un terzo dei giovani tra i 15 e i 29 anni rientra nella categoria. La percentuale precipita al 9.9% nella Provincia autonoma di Bolzano. Tutte le regioni italiane superano l’incidenza media dei Neet sulla popolazione giovanile in Europa nel 2020 che resta al 15%. Ai primi posti ci sono tutte le regioni del Sud, con quote molto alte per Sicilia (40,1%), Calabria (39,9%) e Campania (38,1%). Per il Centro Italia, il Lazio ha la più alta incidenza con circa il 25,1%. La prima regione del Nord per incidenza dei Neet è la Liguria (21,1%), a seguire il Piemonte (20,5%) e la Valle d’Aosta (19,6%). (Continua a leggere dopo la foto)
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Le cause
In larghissima parte, non si tratta di una scelta ponderata, nel senso che, nel 47,5% dei casi, ciò dipende dal fatto che i ragazzi attendono di intraprendere un percorso formativo. Il 46,2% tra le ragazze dichiara invece di aspettare per motivi di cura dei figli o di altri familiari non autosufficienti. C’è infine chi indica problemi di salute. Solo il 3,3% dichiara di non avere interesse o bisogno di lavorare. Oltre tre quarti dei Neet vivono da figli ancora nella famiglia di origine e solo un terzo ha avuto precedenti esperienze lavorative. (Continua a leggere dopo la foto)
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Le proposte di ActionAid
Queste sono le prime risultanze del rapporto Neet tra disuguaglianze e divari. Alla ricerca di nuove politiche pubbliche” presentato da ActionAid e Cgil. Katia Scannavini, vicesegretaria generale ActionAid Italia, ha commentato i dati, fornendo una propria soluzione: “Garantire giustizia economica e sociale alle nuove generazioni, l’esercizio dei propri diritti, l’accesso ad eguali opportunità, indipendentemente dalla condizione socioeconomica di partenza, dal genere, dalla cittadinanza e dalla regioni in cui si vive”.
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