È stato “un collasso cardiopolmonare” a uccidere Andrea Purgatori, il grande giornalista scomparso all’età di settant’anni il 19 luglio scorso, com’è noto, in circostanze ancora da chiarire e che, infatti, hanno portato all’apertura di un fascicolo con l’accusa di omicidio colposo per due sanitari della clinica romana Pio XI, Gianfranco Gualdi, altresì stimato professionista sino alla scorsa settimana, e Claudio Di Biasi, tecnico della stessa cinica: le metastasi al cervello non c’erano e non c’erano mai state, secondo le indiscrezioni pubblicate oggi dal Corriere della sera, ragion per cui i pesantissimi cicli di radioterapia al cervello erano perfettamente inutili e, naturalmente, assai dannosi per un fisico già debilitato. È quanto emerge dall’autopsia effettuata dal professor Luigi Marsella dell’istituto di medicina legale di Tor Vergata, a Roma, sul corpo del giornalista. La richiesta dei familiari era stata confermata da un ordine della procura di Roma. Ma vediamo di capire meglio cosa sia successo al compianto giornalista, autore e sceneggiatore. (Continua a leggere dopo il VIDEO)
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Le differenti diagnosi
I sanitari della clinica Pio XI, prestigiosa (ora forse un po’ di meno) struttura privata della capitale, avrebbero diagnosticato a Purgatori un tumore ai polmoni con metastasi cerebrale. Tuttavia, confortati dai risultati di altre, successive indagini, diversi specialisti li hanno smentiti, quando le cure erano già in corso, sostenendo che al cervello ci fossero solo tracce di ischemia. Tra le altre ipotesi avanzate a seguito dell’esposto dei familiari, anche quella per cui la causa del decesso sarebbe stata una pericardite settica, che a sua volta abbia aggravato le condizioni di Purgatori. Posto che, come oramai abbiamo imparato in questi due anni di “malori improvvisi” in crescita esponenziale, la pericardite è una infiammazione del pericardio (la membrana che riveste il cuore), la radioterapia al cervello – lo ripetiamo, ma il condizionale è d’obbligo comunque – sarebbe stata assolutamente inutile; probabilmente esiziale, se verrà ulteriormente confermato che il tumore non si era ancora esteso al cervello. La famiglia del giornalista e e il pubblico ministero titolare del fascicolo, Giorgio Orano, vogliono scoprire se è possibile o meno escludere la presenza di un’infezione. (Continua a leggere dopo la foto)
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L’autopsia e le altre analisi
Ad ogni modo, lo dicevamo, il condizionale è ancora d’obbligo giacché risultati degli esami istologici eseguiti sul cervello, per stabilire definitivamente l’esistenza o meno di metastasi, arriveranno solo alla fine di agosto e i consulenti delle parti si sono dati appuntamento il prossimo 6 settembre. Tuttavia, e questo è confermato, è stato rilevato un anomalo ispessimento del cervello. Frattanto, i carabinieri dei Nas hanno acquisito la cartella clinica dell’ospedale dov’è morto Purgatori, il Policlinico Umberto I, e nelle prossime ore sequestreranno quelle della clinica dov’è stata formulata la prima diagnosi. Gli inquirenti romani hanno già ascoltato alcune persone e diverse altre, tra cui sanitari e conoscenti del reporter, saranno sentite nei prossimi giorni per ripercorrere gli ultimi mesi di vita di Purgatori e il decorso della sua malattia. (Continua a leggere dopo la foto)
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La camera ardente in Campidoglio
Gli avvocati Michele e Alessandro Gentiloni Silveri, che rappresentano la famiglia Purgatori, hanno nei giorni scorsi rilasciato un comunicato in cui si legge che l’intenzione era quella di chiedere ai pm di accertare “la correttezza della diagnosi refertata a Purgatori in una nota clinica romana e la conseguente necessità delle pesanti terapie a lui prescritte, e se, a causa dei medesimi eventuali errori diagnostici, siano state omesse le cure effettivamente necessarie”. Ora, la bara che contiene la salma di Andrea Purgatori è giunta presso la sala della Protomoteca del Campidoglio, ove è stata allestita la camera ardente. Le esequie saranno celebrate nella chiesa degli Artisti di piazza del Popolo. Mumerosi sono già giunti i colleghi e gli amici, tra i quali Pietro Orlandi, fratello di Emanuela, alla ricerca della quale Andrea Purgatori ha dedicato anni e anni di impegno, sin da quel 1983 scolpito nella memoria di tanti: “Sono qui per l’amico prima che per il giornalista. Tante volte in questi anni mi ha dato coraggio: Daje Piè che ce la facciamo”.
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