L’Italia a un bivio, senza nemmeno essersene accorta. Da un lato, lo scenario peggiore: quello di una crisi devastante che ha messo in ginocchio il Paese, di un governo dalle risposte lente e poco efficaci, di una rabbia che giorno dopo giorno continua a montare nella popolazione spingendo addirittura a temere una sommosse. Andare avanti così, con una gestione fin qui sciagurata della pandemia, rischia di avere conseguenze pesantissime non solo sul piano economico ma anche su quello sociale. Dall’altra parte, un’alternativa: rompere con un’Europa per nulla solidale e che ancora una volta mostra il suo lato peggiore nel momento del bisogno. E iniziare un nuovo percorso.
Tanti economisti, in queste ore, lo stanno suggerendo con forza: “Facciamo un passo indietro, caviamo qualcosa di buono da questa emergenza così terribile”. Togliamoci di torno, insomma, l’euro e le logiche di Bruxelles che tante, troppe volte hanno soffocato un’Italia schiava dei diktat dei Paesi del Nord, quelli che dopo aver reso solidi i propri conti grazie all’Unione ora negano un mano agli alleati in difficoltà. Perché in caso contrario è difficile prevedere cosa accadrà nei prossimi mesi. E le ipotesi sciagurate, compresa quella di una rivolta popolare, non possono essere accantonate con troppa leggerezza.
Tra le voci che si sono levate in queste ore, l’ultima in ordine cronologico è quella dell’imprenditore Ernesto Preatoni, fondatore della holding Domina, colosso del turismo. Attraverso le pagine di Libero, il manager ha spiegato: “È auspicabile che questa pandemia dia all’Italia la forza per una scelta coraggiosa come l’uscita dall’euro, il più grande errore fatto dal nostro Paese. Siamo con le spalle al muro, non ne verremo a capo senza qualcosa di traumatico. Allora parliamo chiaramente: meglio fare sacrifici per un paio d’anni con una prospettiva di miglioramento piuttosto che arrancare in eterno, continuando a impoverirsi”.
In caso contrario, ogni alternativa non ci salverebbe dal baratro: “Se perdiamo il 10% del Pil, come da previsione, scendiamo a 1.600 miliardi di prodotto interno lordo. Emettendo buoni del Tesoro non faremmo che rovinare le generazioni future, visto che il debito è pubblico nominalmente ma privato nella sostanza, in quanto devono sostenerlo i cittadini che si troverebbero a far fronte a interessi stellari”. Fallimentare andare avanti anche come fatto finora, con il governo a promettere soldi che poi arrivano in ritardo, il sito Inps in tilt, le banche a mettere ostacoli di fronte alla concessione dei prestiti promessi da Conte. Il risultato? “I quattrini non basteranno, molti non riapriranno e avremo la rivolta sociale”.
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