Durante la settimana parlamentare a Bruxelles, nella quale i commissari europei rispondono alle domande dei parlamentari europei e nazionali, approfittando di questa occasione, Massimo Garavaglia chiede al commissario al Budget Paolo Gentiloni se le trattative sul Mes, Meccanismo Europeo di Stabilità, siano complete ed il patto sia ormai deciso e non mutabile. Gentiloni conferma quello che molti sospettano: la sostanza del MES è già stata decisa ed ormai si discute solamente sui particolari. Lo rende noto scenarieconomici.it.
“Quindi, nonostante il mandato parlamentare, Conte e Gualtieri hanno concordato il Mes, che impone pensanti limiti al nostro bilancio e mette a rischio il nostro debito, e tutto questo contro il preciso mandato parlamentare del 2019 che imponeva al governo di riferire al parlamento e chiederne il consenso prima di firmare. Invece Conte e Gualtieri se ne sono fregati”. L’Italia, ancora una volta, sta sotto lo schiaffo di Germania e Francia, che avranno carta bianca sulle regole che governeranno le ristrutturazioni dei debiti pubblici, quello italiano in primis.
E la questione è proprio tutta qui. Sulla ristrutturazione del debito. A brevissimo infatti sarà il momento di discutere delle cosiddette Cacs, clausole di azione collettiva in caso di ristrutturazione del debito sovrano. Tanti analisti continuano a sottolineare i rischi della nuova formulazione del Mes, predicando a vuoto: l’impatto sarà anche sul mercato dei titoli illiquidi in mano al sistema creditizio, quelli che vengono solitamente indicati come derivati. Il presidente del Meccanismo Klaus Regling aveva chiarito in passato che “gli asset di livello 3 sono in questo senso difficilissimi da valorizzare, quasi impossibili, aggiungendo che l’assenza di parametri rendeva difficile anticipare le conseguenze delle nuove norme sull’insieme dei titoli illiquidi”.
Non un aspetto di poco conto per un Paese, il nostro, che stando alle stime di Bankitalia del 2018 ha un asset di titoli illiquidi dal peso di ben 6.800 miliardi. Il Mes andrà a introdurre delle novità che non si sa bene quali conseguenze avranno sull’insieme dei derivati. Un vero e proprio salto nel buio con delle ricadute potenzialmente devastanti, che nessuno è attualmente in grado di anticipare con certezza. Collegando il rischio bancario con il debito sovrano, il rischio è che l’Italia diventi lo Stato più esposto a questa rivoluzione voluta a tutti i costi da Bruxelles. Il governo, dunque, ha affrontato con estrema superficialità la questione, lasciando che le riforme venissero approvate senza un’adeguata valutazione, a monte, delle conseguenze.
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