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Vannacci, volano querele. Ecco i big trascinati in tribunale dal generale autore del Mondo al Contrario

Pubblicato il 18/11/2023 11:49 - Aggiornato il 18/11/2023 11:51

Volano querele. Il generale Roberto Vannacci ha deciso di dire basta e di passare alle vie legali, portando in tribunale tanti big. Vannacci ha infatti presentato tutte querele per diffamazione rispetto ad “alcune aggressioni verbali” a suo danno relative al libro bestseller “Il mondo al contrario”. Una delle più rumorose è contro l’onorevole Pier Luigi Bersani. Il motivo? Le frasi pronunciate da quest’ultimo durante la Festa dell’Unità di Ravenna l’1 settembre scorso. Un’altra è per un utente di Twitter (ora X) da identificare attraverso l’username. Vannacci in questi procedimenti sarà assistito dall’avvocato Massimiliano Manzo di Firenze. (Continua a leggere dopo la foto)
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Spiega il legale di Roberto Vannacci che il generale ha fatto le querele a tutela del suo onore dal momento che “alcuni commenti di personaggi, anche molto noti, si sono manifestati in aggressioni offensive, in molti casi da parte di persone che neppure avevano letto il libro” e “tali invettive non rientrano nel diritto di critica, ma integrano un tipico caso di diffamazione”. Avvisa il generale tramite il suo avvocato: “Sono le prime querele”, facendo capire che ne seguiranno altre. In particolare, in queste querele, Vannacci si sente leso nell’onore da Bersani quando dal palco lo definì “coglione” e quando in un altro passaggio del suo intervento alluse al fatto che Vannacci “possa minimizzare la tragedia della Shoah” nel suo libro. (Continua a leggere dopo la foto)
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Diffamazione viene ravvisata pure laddove Bersani “per schernire e attaccare Vannacci” lo accusava di voler aprire metaforicamente un bar Italia, come luogo di bassezza, “dove puoi dare dell’invertito a un omosessuale, dove puoi dare del negro a un nero, dove puoi dire a un ebreo ‘sì la Shoah, ma non esagerare…”. La diffamazione si sostanzia, afferma la querela, “nell’attribuire una presa di posizione gravissima ragionando per mero ‘sentito dire’, senza conoscere effettivamente il pensiero del querelante”.

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