Tante ipotesi, quelle che ruotano intorno alla crisi coronavirus. Nel tentativo di capire in anticipo quali saranno i danni, comunque ingenti, di un’emergenza che ha messo in ginocchio l’Italia e ora minaccia l’Europa intera. Stando alle analisi, in caso la crisi dovesse rientrare entro maggio al massimo, i danni per il Bel Paese sarebbero di circa 275 miliardi di euro, il totale del giro d’affari bruciato per le nostre imprese. Qualora, invece, non si riuscisse a tornare alla normalità prima dell’arrivo dell’estate, il conto sarebbe salatissimo.
Qualora, infatti, si dovesse prolungare la lotta al coronavirus fino a dicembre, si arriverebbe alla completa chiusura delle frontiere dei mercati europei e per un ritorno alla normalità sarebbe necessario attendere altri sei mesi. Nell’arco del biennio, a quel punto, se ne andrebbero in fumo ricavi complessivi per 641 miliardi, cifra che deriva dalla somma di 469 miliardi di perdite per il 2020 e altri 172 per l’anno prossimo. A preoccupare è il fatto che, col passare delle settimane, quest’ultimo, inquietante scenario stia prendendo sempre più piede.
Il Cerved, società che analizza i bilanci di tutte le imprese italiane e raccoglie dati che spaziano dal numero dei dipendenti al pagamento delle fatture, ha diffuso una prima ricerca secondo la quale, dovesse verificarsi lo scenario più pessimistico, rischierebbero di fallire circa il 10,4% delle imprese italiane. Anche in caso dovesse verificarsi la più benevola delle previsioni, comunque, i ricavi persi complessivamente per il biennio 2020-2021 sarebbero di circa 275 miliardi, una voragine che ovviamente potrebbe diventare anche molto più profonda qualora i tempi dovessero allungarsi.
Nello scenario pessimistico, inoltre, il fatturato degli alberghi scenderebbe dai 12,5 miliardi del 2019 ai 3,3 miliardi di quest’anno, un crollo del 73% che trascinerebbe nel baratro anche agenzie di viaggio e tour operator. A risentirne sarebbero anche la manifattura e il settore dei veicoli industriali e delle componenti per automotive, che i produttori italiani fabbricano ed esportano un po’ in tutto il mondo.
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