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Un vaccino anti-Covid nato a Pomezia e finito in mani inglesi? L’accusa di Dagospia

Pubblicato il 03/05/2020 11:15 - Aggiornato il 03/05/2020 11:20

C’è un inquietante interrogativo sorto in queste ultime ore al quale sarebbe opportuno dare una risposta, e presto. A sollevarlo è stata la testata Dagospia: “Come mai il vaccino anti-Covid più avanzato del mondo, sviluppato da una partnership tra lo Jenner Institute della Oxford University e la società IRBM di Pomezia, verrà prodotto e distribuito in esclusiva dalla multinazionale britannica AstraZeneca e non da una azienda italiana?”. Spiegando poi come l’IRBM, con a capo Piero di Lorenzo, avrebbe cercato di convincere il governo Conte a entrare tra i finanziatori del progetto italo-inglese ricevendo come risposta, però, picche.

Un vaccino anti-Covid nato a Pomezia e finito in mani inglesi? L'accusa di Dagospia

Un’iniziativa che sarebbe stata sottovalutata, girata alla Cassa Deposito e Prestiti di Palermo dal capogabinetto di Conte, Goracci. Dopo due mesi di inutili tentativi, alla fine, la società di Pomezia si sarebbe così trovata ad arrendersi, lasciando che fosse il governo di Boris Johnson a prendersi tutto lo spazio a disposizione, rassegnata all’idea che lo Stato italiano non ci avrebbe messo un euro di tasca propria. Delusione alla quale, scrive ancora Dagospia, si sarebbe unita la beffa: “Un finanziamento governativo di 10 milioni per lo sviluppo del vaccino anti-Covid finiva tranquillamente nella cassa della Reithera, azienda svizzera con sede a Castel Romano, cara alla direttrice dell’ospedale Spallanzani e all’Assessore alla Salute della Regione Lazio, quota Zingaretti”.

Un vaccino anti-Covid nato a Pomezia e finito in mani inglesi? L'accusa di Dagospia

Nel frattempo, sarebbe stato invece il governo britannico a puntare forte sul progetto, finanziando la ricerca con la somma di 20 milioni di sterline. Con l’Italia che, titubante, perdeva invece l’occasione di avere voce in capitolo nella produzione e nella distribuzione globale, qualora i risultati confermassero l’ottimismo di queste settimane circa lo sviluppo di un vaccino. “Naturalmente – conclude la testata – adesso il ministro dell’università e della Ricerca, Gaetano Manfredi, quota PD, e la presidenza di Palazzo Chigi sono in contatto con la società di Pomezia per riservare una parte della produzione delle dosi al nostro paese ma accorrerà sganciare tanti soldi”.

Un vaccino anti-Covid nato a Pomezia e finito in mani inglesi? L'accusa di Dagospia

Se la fase di test su 500 volontari sani dovesse dare gli esiti sperati, a giugno inizieranno nuove sperimentazioni che coinvolgeranno oltre 5000 soggetti. La IRBM lavora da 10 anni con la Oxford University, un’eccellenza mondiale specializzata nel settore della biotecnologia molecolare, della scienza biomedicale e della chimica organica che ha già studiato la Sars. E che ora potrebbe avere un ruolo chiave nella sfida al Covid-19. Resta ora da chiedersi: quanto scrive Dagospia è vero? Se no, il governo si affretti a chiarire come sono andate davvero le cose. Altrimenti, la figuraccia sarebbe epocale, pagata a prezzo carissimo. E qualche testa, inevitabilmente, finirebbe per saltare.

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