Tempi duri, durissimi per il nostro cibo. Considerato per anni un modello di riferimento, invidiato neanche troppo tacitamente da mezzo mondo, il made in Italy rischia di sparire presto dalle nostre tavole, vittima di una guerra spietata, senza precedenti. Vantiamo il record di prodotti con riconoscimenti Dop e Igp. E siamo in grado di produrre un valore aggiunto agricolo di oltre 60 miliardi di euro a partire dallo 0,4% di superficie coltivabile. Eppure questo modello non piace all’Europa, che ha deciso di metterci a tutti i costi i bastoni fra le ruote. La strategia agricola promossa da Bruxelles, rinominata “Farm to Fork“, dev’essere assolutamente “Green” nelle intenzioni dei suoi promotori. E non lascerà spazio a vino, olio, carne e grano italiani. Il tutto mentre, sui mercati, continua l’invasione di prodotti asiatici trattati con sostanze potenzialmente tossiche, come raccontato nei giorni scorsi anche dal Giornale. (Continua a leggere dopo la foto)
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L’Italia è il Paese leader nell’ortofrutta e nella produzione di riso. Ma si trova costretta da tempo a fare i conti con una concorrenza sleale di fronte alla quale l’Ue volta puntualmente il capo, fingendo di non vedere. Addirittura il 20% dei prodotti che vengono importati nel Vecchio Continente non sarebbe a norma, secondo quanto denunciato dalle associazioni di consumatori. Come le nocciole della Turchia, sulle quali pende l’accusa di sfruttamento del lavoro minorile, soprattutto tra la popolazione curda. (Continua a leggere dopo la foto)

E ancora. L’uva e l’aglio che arrivano dall’Argentina e le banane del Brasile sono spesso state al centro di proteste per l’impiego di lavoro minorile, ma continuano a essere protette dagli accordi internazionali. Sul riso, la situazione è ancora più paradossale: siamo il Paese leader d’Europa con una produzione di 1,5 milioni di tonnellate ma siamo costretti a difenderci dai prodotti in arrivo da Cambogia, Vietnam, Pakistan e Myanmar, per i quali l’Ue ha autorizzato l’importazione. (Continua a leggere dopo la foto)

Da mesi si discute del fatto che il riso proveniente da questi Paesi dell’Est sia trattato con il Triciclazolo, vietato in Europa addirittura dal 2016. Ma l’ente europeo Efsa ha concesso una “franchigia” per i residui di questo prodotto. Da un lato, insomma, l’Ue fa la guerra alle nostre eccellenze, tentado di cancellarle dalle tavole del mondo intero. Dall’altro, accetta che i mercati siano invasi da prodotti asiatici trattati in maniera quantomeno dubbia. Non resta che chiedersi quand’è che i nostri politici batteranno un colpo, possibilmente forte.
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