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“Hanno provato a nascondere tutto”. Sindacati e “compagni” coinvolti nel crack della famosa azienda “di sinistra”

Pubblicato il 08/05/2023 08:24 - Aggiornato il 08/05/2023 08:26

Nuove e vecchie generazioni hanno bene in mente la storica agenda Smemoranda. Ebbene, un mese fa c’è stato il licenziamento di 160 persone dell’azienda che per anni è stato un baluardo della sinistra italiana. Voi avete sentito un solo fiato? No? Neppure noi. E infatti non c’è stato. Ma il silenzio più assordante è stato quello dei sindacati, in particolare della Cgil che, ancora una volta, finisce nella bufera. Dopo la polemica sul suo responsabile della comunicazione che ha avuto un contratto milionario con Ita che stava intanto licenziando lavoratori, e dopo le polemiche rivolte ai sindacati per essersi fatti pagare parte del concertone del Primo maggio da una multinazionale dei rider e del delivery food, ora scoppia un altro caso. Il fallimento di Smemoranda, che come gruppo comprendeva anche Zelig, Gut distribution, i punti vendita C’Art e Nava, è un vero disastro. (Continua a leggere dopo la foto)
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Sul fallimento di Smemoranda, dicevamo, la Cgil non si è neppure scomodata con un comunicato di solidarietà. Hanno scelto il silenzio totale. Eppure all’interno ha ben 2 rappresentanti. Ma come raccontano alcuni ex dipendenti ad Alessandro Da Rold su LaVerità, “per anni non hanno mai risposto alle richieste dei lavoratori che avevano avvertito i vertici sui rischi degli investimenti a Shanghai, Miami o nella televisione Zelig”. E ancora: “In molti si erano rivolti ai due esponenti della Cgil per una mobilitazione di protesta o almeno un comunicato per rendere nota la situazione drammatica dei conti dell’azienda”. Ma niente. Ecco perché puzza ancora più di bruciato il fatto che – caso vuole – tra i 160 licenziati, i 2 rappresentanti sindacali siano tra le poche decine di persone rimaste in cassa integrazione. (Continua a leggere dopo la foto)
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Smemoranda e il fallimento: silenzio da Cgil e sinistra

Il 24 aprile scorso, sulla pagina online del Corriere, è stata pubblicata un’intervista ai due soci fondatori di Smemoranda, Gino e Michele, in cui hanno spiegato che le colpe del fallimento sarebbero di Covid e guerra. “Purtroppo è andata così, ma non ci pentiamo di niente”, hanno detto. Ma è possibile che un buco da 40 milioni di euro (“ma c’è chi sostiene siano il doppio”, sottolinea LaVerità) sia dovuto al Covid o al conflitto tra Russia e Ucraina? Chi lo sa. Quello che lascia sbigottiti, si diceva, è il silenzio trasversale della sinistra su questo fallimento. Non solo la Cgil, ma anche il gruppo di Repubblica, il gruppo Gedi, o le trasmissioni televisive amiche. Il sindaco di Milano, Beppe Sala, non dice nulla? E il vignettista Altan? Eppure parliamo di 160 lavoratori licenziati che hanno pure degli stipendi in arretrato.

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