Il voto su Rousseau si è trasformato, ancora una volta, in motivo di accuse, tensioni, passi indietro e di nuovo in avanti per quei vertici del M5S preoccupati dalla possibilità che gli utenti possano, con qualche click, sconfessare l’ennesima giravolta del partito, l’appoggio a Mario Draghi. Impensabile fino a un paio d’anni fa, quasi scontato oggi che il Movimento ha rinnegato pian piano la sua natura, sempre più vicino alla casta politica un tempo nemica e sempre più lontano dai cittadini che lo avevano sostenuto. Era successo ai tempi dell’alleanza col Pd, d’altronde, che il quesito posto sulla piattaforma fosse diventato terreno di scontro tra i big pentastellati, preoccupati che Davide Casaleggio potesse in qualche modo sabotare l’intesa di matrimonio con i dem. In queste ore, il bis.
Si spiega così, secondo il retroscena raccontato da Repubblica, il caos intorno al voto sulla Rousseau per benedire anche l’abbraccio a Mario Draghi, invocato ora come salvatore della patria, lui che l’Italia contribuì a svenderla ai poteri finanziari sul panfilo Britannia. Con Grillo e gli altri sostenitori della necessità di dire “sì” all’esecutivo nascente terrorizzati dall’idea che, in qualche modo, Casaleggio riuscisse a porre il quesito in maniera tale da far mancare clamorosomanete il supporto della base militante all’ultima, grottesca mossa dei vertici. Perché d’altronde, ormai, la piattaforma è diventata un pericolo e poco altro, per i big del Movimento. Che si risparmierebbo volentieri, ogni volta, i patemi d’animo legati agli scomodi passaggi virtuali.
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Stop al voto su Rousseau, allora, per poi riprogrammarlo nelle ore successive, dopo aver studiato per bene la composizione del quesito e dopo aver lanciato altri, forti messaggi per indirizzare gli utenti verso il “sì”. Con tanto di osanna già piovuti nell’etere per l’istituzione del ministero della Transizione ecologica, presentato come un successo assoluto del Movimento che probabilmente riuscirà a piazzare un proprio esponente a capo del neonato dicastero. Non fosse tutto maledettamente serio, verrebbe quasi da ridere.
Le acrobazie più difficile sono, indubbiamente, quelle toccate a Beppe Grillo. Costretto a correre in fretta a Roma per assicurarsi che tutto andasse per il meglio, che i parlamentari accettassero in massa l’adesione al progetto Draghi, che nessuno mettesse indiscussione l’alleanza ormai di lunga data con il Pd, che Rousseau non si trasformasse in una trappola. La piattaforma simbolo del Movimento, di questi tempi, è d’altronde soltanto un ostacolo per chi preferirebbe decidere tutto nei palazzi del potere per limitarsi, poi, a qualche annuncio formale. In tanti, non a caso, la spegnerebbero volentieri, per sempre.
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