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“Un mare di me***”. Pino Insegno sbotta, la verità sul ritorno in Rai: “Ecco perché mi odiano”

Pubblicato il 18/07/2023 14:28
Pino Insegno Giorgia Meloni

“Mi sono sentito dire che un attore non deve schierarsi. E chi l’ha detto? Vedo ogni giorno tanti illustri colleghi parlare e dire la loro dal palco del 1 Maggio in giù…”. Vuole togliersi qualche sassolino dalla scarpa Pino Insegno, dopo mesi che è preso di mira dalla sinistra per il suo nuovo incarico in Rai. In realtà siamo di fronte a un attore, doppiatore, conduttore televisivo che, da quarant’anni, ottiene riconoscimenti e viene considerato tra i più bravi in Italia. Alle spalle ha 450 film doppiati, una roba da top. Allora qual è la sua “colpa”? Essere amico della premier Giorgia Meloni e appoggiare alcune delle sue idee. Insegno, tra l’altro, è anche commendatore della Repubblica, onorificenza conferitagli dal presidente Giorgio Napolitano. “Non certo un uomo di destra”, dice l’attore. (Continua a leggere dopo la foto)
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“Poi nel corso della mia carriera ho incrociato 11/12 governi di ogni colore, fino a quando diventa presidente del Consiglio Giorgia Meloni, una persona della quale approvo alcune scelte sociali. Mi spieghi per quale motivo non dovrei appoggiarla?”. Nella sua intervista a Libero Pino Insegno parla a cuore aperto: “Ma perché non mi giudicano per quello che so fare e valgo oggettivamente come artista? Perché continuano a creare polemiche ad arte, sperando che io risponda per dare verità a quelle che sono in realtà solo falsità? Sono stato in Rai dal 1983 con Gino Bramieri e l’Allegra Brigata per oltre vent’anni, poi ci sono tornato e fino allo scorso anno ho fatto Voice Anatomy. Questa è la realtà su cui gente che forse nel 1983 non era nemmeno nata, scrive bugie. Non so nuotare in questo mare di merda, però poi ho capito che devo sguazzarci un po’ per restare a galla”. (Continua a leggere dopo la foto)
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Pino Insegno, Giorgia Meloni e le polemiche per il ritorno in Rai

Continua Pino Insegno: “Sono diventato divisivo per una scelta politica che poi è anche maggioritaria nel Paese. Ma io anche se su 10mila persone solo 200 la pensassero diversamente, starei ad ascoltare le ragioni e le critiche di quei 200. Tutto diventa un problema quando ti accorgi che l’attacco è gratuito e legato solo all’appartenenza a una squadra. Così tutto diventa banale e intellettualmente stupido, prevenuto, una costruzione fatta solo per attaccare. Io sono amico della gente, faccio il mio lavoro da artista e, senza urlarlo ai quattro venti, cerco di fare anche qualcosa di importante in ambito sociale. Ma questo non interessa a nessuno perché davvero pochi scrivono di chi sta male veramente…”.

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