Lo hanno buttato là come possibile retroscena (subito smentito da Guido Corsetto, la persona più influente in Fratelli d’Italia dopo la leader Giorgia Meloni) ma ha tutta l’aria di essere un’operazione ben congegnata dall’establishment. E ha tutta l’aria di essere più che altro un invito, una speranza. Di cosa parliamo? Di un nuovo possibile “compromesso storico”, come lo raccontano loro, tra Pd e Forza Italia. Chi unirà le forze per dare all’Italia uno straccio governo, che appaia affidabile agli occhi dell’Europa del Pnrr e del nostro alleato e dante-causa americano?”. Scrive Dagospia: “Perché una cosa è certa: dopo l’invasione russa all’Ucraina e gli avvertimenti inviati alla Cina su Taiwan da Biden, non ci potranno essere sbandamenti: gli Stati Uniti non vogliono a palazzo Chigi né uno svalvolone del Papeete con la maglietta di Putin né un avvocaticchio folgorato sulla via della seta. E allora, a chi affidiamo la patata bollente?”. (Continua a leggere dopo la foto)
“Far di conto è facile, basta soppesare i sondaggi riservati che fotografano il gradimento dei partiti. Del M5s precipitato al 10%, abbiamo detto; la Lega è in calo ma non a causa dell’alleanza di governo bensì a causa delle giravolte acchiappa-voti di Salvini (la cui leadership, alle prossime amministrative, è nel mirino del trio Zaia-Fedriga-Fontana), Forza Italia dilaniata dallo scontro tra filo-salviniani (Ronzulli-Tajani) e centristi draghiani (Gelmini, Carfagna, Brunetta), chi resta in piedi? Facile: il Pd di Enrico Letta e Fratelli d’Italia di Giorgia Meloni. I due partiti godono di ottima salute: i dem s’attestano al 21,8% e Fdi è al 22,6%. Sulla carta, le prime due forze del Paese”. I giornali, Corriere in testa, sottolineano poi che “da tempo viene registrata la corrispondenza d’amorosi sensi tra Enrico Letta e Giorgia Meloni. I due si stimano, si confrontano e scontrano, presentano libri (l’ultimo quello di Fabrizio Roncone) e dialogano spesso. Nonostante la distanza siderale che li separa, sia politicamente che di background (uno soldatino dell’establishment, l’altra capopopolo de’ borgata), i due si piacciono”. (Continua a leggere dopo la foto)
Nel suo editoriale di sul Corriere della Sera, Angelo Panebianco, ha iniziato a dare forma ai pensieri nascosti della ‘classe digerente’: “Un po’ per celia e un po’ sul serio ci si può chiedere se dalle parti della curia romana ci sarà qualcuno così autorevole da convincere i due partiti che saranno probabilmente più votati alle prossime elezioni, Pd e Fratelli d’Italia, a governare insieme”. L’appello accorato si conclude con un invito alle nozze: “Dismettete entrambi, Pd e Fratelli d’Italia, le bandierine, fate un bel disarmo simmetrico e bilanciato, e cominciate sul serio a discutere su come rafforzare le istituzioni di governo”. Paolo Mieli, notando la nascita del Grande Centro putiniano (M5s, Lega, Forza Italia), si è chiesto cosa possa mai impedire che i fan del Cremlino possano condizionare il governo nella prossima legislatura. La risposta? Eccola: “A meno che, nel Parlamento rinnovato, non si costituisca un asse tra Fratelli d’Italia, il partito di Enrico Letta e quelli di Centro. Un asse – però – assai improbabile”. (Continua a leggere dopo la foto)
Che l’idea circoli sottovoce nella stanze che contano, è confermato dal preoccupato editoriale pubblicato su Libero a firma di Alessandro Sallusti che, dando fiato al Berlusconi-pensiero declinato in salsa salviniana, prova a ‘scoraggiare’ l’operazione. “La questione puzza di trappola lontano un miglio. È vero che in questi anni ne abbiamo viste di tutti i colori – dal governo giallo-verde a quello rosso-verde e infine l’attuale arcobaleno – ma a immaginare per il domani a un esecutivo rosso-nero giuro non ci ero arrivato. Sarò prevenuto, ma quando la sinistra manda avanti i suoi pensatori a lusingare qualcuno di destra dalle autorevoli colonne del Corriere c’è da preoccuparsi”. E infatti è arrivata subito la smentita di Crosetto: “Conosco sia Letta che Meloni – ha scritto in un tweet – chi confonde il rispetto che contraddistingue il loro rapporto con la possibilità di un’alleanza ha capito poco. Arrivano entrambi da una scuola nella quale la politica riconosceva l’avversario, lo rispettava ma non rinunciava ai valori per il potere”.
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