“Giustizia e verità”, è tutto quel che chiede il padre di Valeria Fioravanti. “Mia figlia è arrivata a contorcersi dai dolori fino al giorno in cui non ha parlato più e, se lo faceva, diceva cose senza senso”, è il suo, terribile, racconto. Oramai la meningite l’aveva invasa. La giovane, come si ricorderà, è morta il 9 gennaio dopo un lungo calvario palesemente ignorato dai medici del Pronto soccorso di ben quattro ospedali della capitale, che l’hanno visitata e subito dimessa con prescrizioni piuttosto blande, a base di antinfiammatori. “Vogliamo la verità – parla, a nome della intera famiglia, Stefano Fioravanti – non solo su come Valeria abbia contratto la malattia, ma anche su chi avrebbe dovuta diagnosticarla e invece l’ha mandata via”. Stefano Fioravanti ha, dunque, presentato una denuncia incaricando dei legali di esaminare la documentazione clinica. Contestualmente la Procura di Roma ha aperto un fascicolo d’inchiesta per omicidio colposo per colpa medica, al momento contro ignoti. Lo si legge sul Corriere della sera. Una volta tornata a casa dal Policlinico Casilino, eravamo ancora al 29 dicembre, sempre nel racconto del padre, Valeria “ha cominciato a stare male veramente”: mal di testa e alla spalla. Finché non ha cominciato a contorcersi dai dolori. Una volta tornata al Pronto soccorso, le era stato detto che esagerava, minacciando addirittura un intervento delle Forze dell’ordine. (Continua a leggere dopo la foto)
Nessun medico aveva individuato quella meningite batterica che l’ha uccisa ad appena 27 anni. Soltanto il 5 gennaio un medico dell’Ospedale San Giovanni, a seguito di un esame al midollo, aveva svolto la corretta diagnosi; corretta per quanto inutile: la donna era già entrata in coma e l’intervento d’urgenza non è servito a nulla. Frattanto la Regione Lazio ha disposto un audit per ricostruire “quanto accaduto nei diversi ospedali di Roma”, ha dichiarato l’assessore regionale alla Sanità, Alessio D’Amato. È sempre una tragedia quando un genitore sopravvive al proprio figlio, ma in questo caso la sventura si sarebbe potuta evitare. O, quantomeno, la ragazza avrebbe dovuto essere visitata con estrema cura, considerando i sintomi gravi che presentava. Forse, se solo la diagnosi fosse arrivata per tempo, la famiglia Fioravanti oggi non vivrebbe il dramma in cui è piombata. (Continua a leggere dopo la foto)
La giovane, impiegata di Aeroporti di Roma, ha lasciato una bambina di soli 13 mesi.
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