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Il Covid non c’entra niente. “Siamo allo stremo”: l’allarme dei pronto soccorso italiani

Pubblicato il 20/12/2021 11:18

I pronto soccorso italiani sono allo stremo, piegati da un carico di lavoro enorme a fronte di un personale che continua a soffrire di gravi carenze in organico. Ma l’emergenza Covid, in tutto questo, c’entra poco e niente. All’appello mancano infatti 14 mila tra medici e infermieri, con le strutture che cercano di cavarsela come possono, rivolgendosi a cooperative che forniscono dottori a tempo, spesso però con poca esperienza alle spalle. Tanto che in Liguria alcune strutture hanno revocato gli incarichi alle coop appena tre mesi dopo l’affidamento, deluse dai risultati.

A fare il punto sulla situazione dei nostri pronto soccorso è Antonio Di Francesco, che alle pagine della Verità ha raccontato di un equilibrio precario in cui versano ormai da anni le strutture. Di fronte alla pandemia, però, qualcosa si è rotto. Nel nostro Paese si contano “24 milioni di accesso l’anno, 1 ogni 90 secondi”. Con il numero di specialisti in grado di accogliere i pazienti che, però, è andato calando in maniera inesorabile, anno dopo anno: secondo le stime della Società italiana della medicina di emergenza e urgenza (Simeu), “mancano 4.000 specialisti e 10.000 infermieri”.

Il risultato? “Nei reparti si fatica a ricoverare entro le 36 ore, i camici bianchi si dimettono per protesta contro le condizioni di lavoro e in alcuni ospedali si ipotizza l’arrivo di medici militari e della Croce Rossa per fronteggiare le difficoltà, come succede a Isernia”. Alle pagine de La Verità è arrivato così l’allarme del dottor Fabio De Iaco, appena eletto alla presidenza Simeu: “Il disagio dei pronto soccorso, che fino a qualche tempo fa era limitato ad alcune aree, è ormai diffuso ovunque. Siamo di fronte a una catastrofe nazionale”.

Le corsie, nel frattempo, si riempono di “medici in affitto”, professionisti forniti da società di intermediazione o cooperative sociali, alle quali le aziende sanitarie si rivolgono per cercare di sistemare gli organici, in deficit di personale. Molti di questi dottori, però, non hanno specializzazioni nella medicina di urgenza, alcuni sono neolaureati senza esperienza pregresse. Il reclutamento, in certi casi, può avvenire addirittura sui social network, con post pubblicati su Facebook nella speranza che qualcuno risponda, candidandosi alla posizione vacante.

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