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L’Italia chiede aiuto: al Banco Alimentare si rivolgono il 50% in più delle famiglie

Pubblicato il 27/11/2020 15:01

Un appuntamento dal saporte diverso, più amaro del solito, quella giornata nazionale della colletta alimentare che il Banco alimentare organizza ormai da 24 ore e che però, oggi, contribuisce alla fotografia di un Paese messo in ginocchio da una crisi feroce, con le famiglie che hanno ormai perso la speranza nel futuro. Complice anche la lentezza del governo nel fornire risposte all’emergenza, il numero di nuclei che rischiano di non arrivare a fine mese è andato aumentando in maniera preoccupante. Da qui, l’importanza di un’iniziativa per tendere la mano a chi è più in difficoltà.

L'Italia chiede aiuto: al Banco Alimentare si rivolgono il 50% in più delle famiglie

Il Banco Alimentare ha così lanciato la sua “colletta dematerializzata”: fino all’8 dicembre, nei supermercati saranno disponibili card da 2, 5 e 10 euro convertibili in prodotti alimentari da destinare alle persone meno fortunate. Chi non potrà recarsi fisicamente in un negozio potrà comunque fare la sua parte in rete: attraverso Amazon.it, Esselungacasa.it e Mygiftcard.it sarà infatti comunque possibile assicurare beni come pasta o legumi alle famiglie più colpite dalla crisi. Un aiuto, quello delle onlus, in questo momento più prezioso che mai.

L'Italia chiede aiuto: al Banco Alimentare si rivolgono il 50% in più delle famiglie

Gli ultimi mesi hanno fatto purtroppo registrare numeri allarmanti: secondo l’associazione non profit di promozione sociale “Salvamamme”, che a Roma collabora con Banco Alimentare, il numero di persone che hanno bisogno di assistenza è infatti aumentato addirittura del 50% rispetto al periodo precedente la pandemia. La presidente Maria Grazia Passeri ha raccontato a Repubblica alcune storie particolarmente significative: “Assistiamo persone come Federica, una giovane mamma di tre figli che prima del lockdown lavorava in un call center e da marzo in poi continua a lavorare da casa ma viene pagata di meno, mentre il compagno finisce in cassa integrazione. Con la chiusura delle scuole i 3 bambini mangiano a casa anche a pranzo e tutto diventa più costoso. Prima del Covid erano quasi autonomi, dopo lo scoppio dell’emergenza si sono dovuti rivolgere a Salvamamme”.

Un racconto simile a quello di Caterina, altra mamma che si è trovata a dover chiedere di colpo aiuto: lavorava in una mensa prima del lockdown, ma con la chiusura delle scuole si è trovata di colpo senza lavoro. Recentemente l’azienda l’ha ricontattata, ma lei non ha potuto riprendere i turni perché gli orari che le hanno proposto non le consentirebbero di prendersi cura della sua bambina, nel frattempo rimasta a sua volta a casa. “Spesso queste persone vivevano già una situazione di difficoltà per cui erano aiutate saltuariamente, ma adesso il loro bisogno è costante”.

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