Da una parte l’Agenzia delle Entrate che dal primo marzo invierà 50 milioni di cartelle esattoriali, dall’altra l’Inps che chiede indietro i bonus percepiti da alcuni beneficiari durante i primi mesi dell’emergenza Covid-19 con lettere choc. Cosa sta succedendo? Per chi non lo ricordasse, ad inizio pandemia il governo stanziò alcuni fondi per permettere ai lavoratori di fronteggiare la situazione. Si trattava di un bonus da 600 euro previsto per i mesi di marzo e aprile, per un totale di 1.200 euro. Ma ora, a distanza di quasi un anno dalla ricezione della somma, alcuni beneficiari devono restituirlo. A darne notizia è il Centro Studi Fiscal Focus, che ha visionato una lettera recapitata ad alcuni contribuenti a mezzo raccomandata, che annuncia accertamenti sul bonus percepito. (Continua a leggere dopo la foto)
Il titolo della lettera dell’Inps è: “Accertamento somme indebitamente percepite su prestazione indennità per emergenza Covid-19”. All’interno, poche informazioni: “Gentile signore/signora- si legge secondo quanto riportato dal Centro Studi Fiscali Focus e ripreso da Il Giornale – a seguito di verifiche è emerso che lei ha ricevuto, per il periodo 01/03/2020 al 30/04/2020 un pagamento non dovuto sulla prestazione indennità per emergenza Covid-19 per un importo complessivo di 1.200 euro, per la seguente motivazione: è stata percepita l’indennità una tantum per emergenza Covid, di cui all’articolo 28 del decreto-legge 17 marzo 2020 nr. 18, non spettante”. (Continua a leggere dopo la foto)
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Nella lettera quindi viene richiesta la restituzione dei soldi perché il beneficiario non avrebbe dovuto ottenerli, ma non ne viene specificato il motivo: “Le uniche informazioni fornite- precisa ad Agi il fondatore di Fiscal Focus, Antonio Gigliotti- sono la natura dell’indennità contestata, il suo ammontare, l’importo da versare, le modalità di pagamento e come fare, eventualmente, ad ottenere chiarimenti”. Sempre stando a Il Giornale, “a dover restituire il bonus Covid saranno circa 2.000 tra sindaci e amministratori locali che avevano chiesto e ottenuto l’indennizzo in quanto titolari di partita Iva”. (Continua a leggere dopo la foto)
In generale, “si tratta senza dubbio di una circostanza che non mancherà di creare più di un grattacapo- ha commentato Gigliotti- anche perché tocca rilevare, ancora una volta, che i contribuenti non sono posti nelle condizioni di comprendere appieno l’indebito comportamento loro contestato, condizione essenziale per poter valutare la correttezza della pretesa avanzata dall’Inps, soggetto che emette la comunicazione di accertamento”.
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