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Il “compagno” Putin. Quando Letta incatenò l’Italia al gas russo

Pubblicato il 10/03/2022 10:37

In questi giorni caldi di guerra, si discute molto dell’indipendenza energetica europea e italiana. La nostra strettissima dipendenza dal gas russo ha un’origine. Ed è bene riavvolgere il nastro per ricordare alcuni fatti importanti. Se torniamo indietro di quasi dieci anni, come ha fatto Francesco Storace su Il Tempo, e si torna al 26 novembre del 2013, ci si ricorsa che “a Trieste faceva un freddo cane. E Putin si faceva pure attendere. Ma in quella mattinata gelida Enrico Letta non si fece scrupolo di benedire, proprio di fronte al suo interlocutore russo, la bellezza di 28 accordi nel nome dei due Paesi. Non era solo Letta, perché si trattò di un vero e proprio vertice intergovernativo Italia-Russia, descritto come un’occasione di rilancio dei rapporti bilaterali su tanti fronti”. (Continua a leggere dopo la foto)

ITALY/

Ai colloqui partecipavano le squadre dei due governi quasi al completo. “Parallelamente, quel giorno si riunivano, nella piazza accanto, gli imprenditori che già all’epoca animavano la cooperazione Italia-Russia. Non si parlava certo di sanzioni. Il Business Forum promosso dal Foro di dialogo italo-russo e organizzato dall’Ispi fu la culla, in quel novembre 2013, di numerosi accordi firmati con la benedizione di Putin e Letta. Equamente distribuiti in tre ‘cluster’, finanza, energia e industria: ne furono protagonisti Poste italiane e Selex insieme a Poste russe, Mediobanca con Vnesheconombank, Ubi Banca con Transcapital Bank, Sace, il Fondo strategico italiano della Cassa depositi e prestiti. I grandi gruppi dell’energia, Eni ed Enel, Prysmian nel settore dei cavi per la distribuzione di energia, Fincantieri, Cremonini, Pirelli. L’istituto italiano di tecnologia con Skolkovo, la grande promessa dell’innovazione russa”. (Continua a leggere dopo la foto)

Ricorda ancora Storace che Letta se ne vantò con grande enfasi, snocciolando la firma dei 28 accordi: “Abbiamo molti impegni da implementare. Gli accordi devono diventare fatti concreti”. A rileggere oggi il taccuino di allora non sembra vero. “Si parlava di un sostegno all’export che, secondo le previsioni di Sace, in Russia poteva crescere del 10,5% nei quattro anni successivi, arrivando dagli 11 miliardi del 2013 ai 16 miliardi del 2017. Tra le intese più promettenti c’erano quelle dell’Eni, che sottoscrisse due accordi con Rosneft, uno con Novatek e un accordo con il centro per l’innovazione di Skolkovo. Anche all’Enel toccò siglare un’intesa con Rosneft. Tra gli accordi finanziari, quello di Poste italiane con le Poste russe e Selex e quello del Fondo strategico italiano con il Russian direct investment Fund. Mediobanca e Sace firmarono l’intesa con Veb”. (Continua a leggere dopo la foto)

“Quanto agli accordi industriali, Fincantieri raggiunse l’accordo con il centro navale di ricerca Krylov, Pirelli con Rosneft e Rostek. Tra le intese più interessanti, anche quella ce riguardò UniCredit, con l’obiettivo di portare 500 aziende italiane a investire in Russia. Però fu l’energia il dossier principale dei colloqui tra Letta e Putin. Chissà se il segretario del Pd, a quasi dieci anni di distanza ne conserva ancora buona memoria. Le bollette che esplodono oggi, magari sono figlie anche di quel tempo”.

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