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La vergogna di Amatrice: 5 anni dopo il sisma, la popolazione oggi vive così

Pubblicato il 24/08/2021 11:41

Cinque sfilate diverse in cinque anni, quelli trascorsi dal drammatico terremoto che si abbattè sulla popolazione di Amatrice causando la morte di 299 persone, oltre a danni incalcolabile su tutto il territorio. Una tragedia che ha spinto i presidenti del Consiglio, a turno, a far visita alla popolazione, sciorinando con facilità promesse, impegni, rassicurazioni. Matteo Renzi, Paolo Gentiloni, Giuseppe Conte per due volte, infine Mario Draghi. Tutti in prima fila, davanti alle telecamere. Mentre nel frattempo non è stata ricostruita una sola casa.

La vergogna di Amatrice: 5 anni dopo il sisma, la popolazione oggi vive così

Oltre ai premier, ad alternarsi sono stati anche i commissari per la ricostruzione, ben quattro. Vasco Errani, Paola De Micheli, Paolo Farabollini affiancato in corso d’opera da Vito Crimi, Giovanni Legnini. Con risultati pressoché nulli. Attualmente, ad Amatrice sono aperti duecento cantieri, con gru e operai al lavoro e le macerie spazzate via. Non un gran bilancio, considerando che sono già passati, nel frattempo, cinque anni. E che nessuno dei palazzi crollati in quella drammatica notte del 24 agosto 2016 è ancora stato riportato in vita.

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Cosa è successo, allora, nel frattempo? Come sempre, purtroppo, tante promesse solenni fatte davanti alle telecamere e nessun passo avanti concreto. Chi è rimasto ad Amatrice oggi vive ancora, come raccontato da Franco Bechis sulle pagine de Il Tempo, all’interno delle cosiddette Sae, “soluzioni abitative di emergenza”, le tristemente famose “casette” che dovrebbero fare capolino come dimore momentanea per la popolazione in attesa della ricostruzione e che invece, con disarmante puntualità, finiscono per ospitare i cittadini a tempo indeterminato, in attesa di una rinascita che non arriva mai.

Numeri alla mano, le persone che hanno avuto la possibilità di tornare a vivere in delle abitazioni vere e proprie sono 12 mila. Ne restano almeno altre 60 mila ancora in attesa di riavere in mano le chiavi di casa, danneggiata in modo grave durante il sisma. Un calcolo che tiene anche conto del fatto che 20 mila famiglie, nel frattempo, si sono arrese: contributi o meno, non ricostruiranno quelle mura dove un tempo vivevano. Forse avevano capito in anticipo quanto biblici si sarebbero fatti i tempi degli interventi.

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