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La fine dell’Euro! “Peggio che nel 2011”, ecco come potrebbe finire la moneta unica

Pubblicato il 12/05/2022 12:51

Tra le conseguenze impreviste dell’esplosione del conflitto in Ucraina e che vede al momento i Paesi Ue fedelmente allineati alle direttive degli Stati Uniti, sembra esserci anche la possibile fine dell’euro. Sì, avete capito bene: secondo diversi analisti la moneta unica del Vecchio Continente potrebbe trovarsi presto a rischio estinzione, in una sorta di riedizione della crisi finanziaria che già ne aveva seriamente messo a rischio la sopravvivenza nel 2011. Una tesi che, col passare delle settimane, sta riscontrando sempre più successo.

L’idea di un crollo dell’euro si sta facendo strada alla luce del rischio recessione, del caro energia, della scarsità di materie prime, dell’inflazione e della contrazione del commercio internazionale. Con il 60% degli operatori che prevede una parità all’orizzonte tra euro e dollaro, dopo che nel corso dell’ultimo anno la moneta unica Ue ha già perso il 15%. L’economista Alessandro Penati ha spiegato sulle pagine della testata Domani: “In passato era stata una crisi finanziaria a provocare quella dell’economia reale. Oggi è il contrario”.

Secondo Penati, sono oggi gli shock reali (guerra, inflazione, costo dell’energia) che potrebbero portare a una crisi finanziaria: “Per l’Eurozona significherebbe una crisi dell’euro 2.0. Una crisi finanziaria presuppone l’esistenza di un eccesso di indebitamento. Ma in Europa le imprese sono molto meno indebitate che nel 2011 e le banche maggiormente capitalizzate e meno esposte al rischio di credito. L’anello debole sono i debiti pubblici che rispetto al passato sono aumentati considerevolmente, in rapporto al Pil”.

In passato c’era stato l’intervento della Bce, oggi “è la stessa banca centrale a dover aumentare i tassi, oltre ad aver già annunciato di porre termine agli acquisti di titoli perché è diventato prioritario il contenimento dell’inflazione. In situazione di crisi la Bce può acquistare i titoli di un singolo Paese, ma solo previa accettazione di un prestito condizionato da parte del Mes, con annessa austerità. Impensabile, perché sarebbe un fattore disgregante dell’Unione monetaria”. Un’eventuale crisi andrà quindi affrontata “con strumenti fiscali a livello comunitario”, anche se i governi non sembrano averlo capito.

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