Giancarlo Giorgetti, numero 2 (ma di fatto numero 1) della Lega accende la sirena e nelle stanze di Draghi suona l’allarme rosso. “Credo che il dibattito del 21 giugno sia un passaggio rischioso ma Draghi persegue l’obiettivo della pace”, dichiara nel tardo pomeriggio. Poi chiarisce: “Se il parlamento sovrano non la pensa come il premier bisognerà trarne le conseguenze…”. E il riferimento è chiaro agli ultimi sondaggi, in cui la stragrande maggioranza degli italiani è contrario all’invio di altre armi e all’appiattimento sulla linea di Biden. Dunque: o c’è l’accordo di maggioranza o tutti a casa. Commenta Andrea Colombo su Il Manifesto: “Se Giorgetti, tipo freddo, poco impulsivo, ritiene necessario lanciare un simile messaggio rivolto prima di tutti al suo leader significa che nutre sospetti seri sulla scelta del capo, quando il parlamento discuterà formalmente sulle comunicazioni di Mario Draghi prima del prossimo Consiglio europeo ma sostanzialmente sulla guerra”. (Continua a leggere dopo la foto)
Se Giorgetti lancia allarmi, Matteo Salvini, intanto, ribadisce di avere tutto il diritto di parlare con l’ambasciatore russo e che continuerà “a percorrere a testa alta la via della diplomazia per la pace”. Ma anche lui picchia sul governo e attacca l’ex alleato 5Stelle, affermando che se Luigi Di Maio facesse il suo lavoro di ministro degli Esteri non toccherebbe a lui darsi da fare. Poi, altra stoccata all’esecutivo, stavolta parlando degli sbarchi a Lampedusa, riserva gli stessi toni alla ministra degli Interni Luciana Lamorgese: “Faccia qualcosa per giustificare lo stipendio da ministro”. Se dunque il secondo partito di maggioranza mena forte su due ministri chiave si capisce che sorgano dubbi sul suo sostegno al governo. (Continua a leggere dopo la foto)
Continua Colombo: “Forse anche per questo, per non esasperare la tensione, le polemiche sulla pochade del viaggio in Russia vanno scemando. Certo Enrico Letta bersaglia, denuncia l’«iniziativa estemporanea con cui Salvini ha fatto male a se stesso e alla reputazione dell’Italia». Ma la tentazione di mettere politicamente il leader leghista sul banco degli imputati in parlamento è svanita e il sottosegretario con delega alla sicurezza Franco Gabrielli assolve il leghista: «Non credo che le sue azioni pongano in pregiudizio la sicurezza nazionale». Il Pd prevede e auspica che a ridurre «il Capitano» a miti consigli saranno gli elettori, nelle amministrative e nel referendum”. (Continua a leggere dopo la foto)
La Lega bombarda e si sgancia, Giuseppe Conte, sprofondato con tutto il partito alla quasi irrilevanza elettorale, prova a riguadagnare terreno e dopo aver autorizzato tre invii di armi ora dice che “è il momento del dialogo” e prova a cavalcare l’onda dei sondaggi che rivelano la contrarietà degli italiani alla guerra e alle armi. In tutto questo, il Pd continua a leccare i piedi a Draghi, il quale non tocca palla in Europa e aspetta direttive dagli Usa. “La diplomazia del Nazareno martella, insiste perché si arrivi a una risoluzione comune della maggioranza che eviti la spaccatura paventata da Giorgetti. Alla fine tanto il Pd quanto palazzo Chigi sono convinti che il leader dei 5 Stelle si acconcerà a fare buon viso, perché la posta in gioco è proprio l’alleanza con tra Letta e Conte, che non sopravvivrebbe a una divaricazione sulla guerra”.
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