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“Così la burocrazia sta uccidendo il made in Italy”: la lettera di un imprenditore siciliano

Pubblicato il 05/05/2021 13:26 - Aggiornato il 17/05/2023 11:52

Di seguito condividiamo la lettera inviata da uno dei nostri lettori:

Sono Pino Drago, ideatore di Dpi srl, una piccola realtà nata in Sicilia da un’idea imprenditoriale che si prefigge come obiettivo la produzione di sistemi di protezione individuale, come mascherine chirurgiche e i tappetini igienizzanti Tappetrix. Da oltre un anno, ovvero dal maggio 2020, sono però costretto a scontrarmi con la burocrazia italiana, l’ostacolo più difficile da superare.

Mi definisco “un guerriero”, perché ho deciso di fare impresa in Sicilia, dove purtroppo esistono tante difficoltà in più. Non quelle, però, che potreste immaginarvi: oltre alla concorrenza sleale sono infatti costretto a fare i conti con una burocrazia che si accanisce con chi si comporta onestamente chiudendo, invece, spesso e volentieri gli occhi quando dovrebbe controllare.

Ho iniziato la produzione con la mia impresa ai primi di aprile 2020, dopo non pochi problemi legati alla burocrazia locale e alla concorrenza di produttori aiutati dai soldi a fondo perduto dello Stato, grandi colossi che nessuno controlla. A farne le spese sono, invece, le piccole aziende, quelle nate per dare qualità e sicurezza al made in Italy.

Chi dovrebbe controllare, infatti, lascia che il mercato sia inondato di prodotti teoricamente certificati, ma che in realtà hanno un cattivo odore e risultano persino difficili da indossare. Meccanismi che continuano a essere difesi da chi, invece, dovrebbe tutelare gli imprenditori onesti. Che dire… Buona fortuna a me, buona fortuna Italia.

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