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“Tutta colpa di Crisanti!”, Conte e Speranza interrogati dal Tribunale dei ministri. La strategia dello scaricabarile

Pubblicato il 10/05/2023 21:26

Una strategia di difesa non proprio edificante, quella scelta da Roberto Speranza, che ha di fatto scaricato ogni responsabilità, nel tipico italico gioco dello “scaricabarile”. L’ex premier Giuseppe Conte, dal canto suo, pare aver colmato il “vuoto di memoria” che aveva lamentato davanti al tribunale dei ministri di Roma. Oggi l’ex ministro della Salute e l’ex presidente del Consiglio erano a Brescia per essere interrogati dal tribunale dei Ministri – accolti peraltro da un nutrito presidio di contestatori, come leggiamo su il Giornale – per rispondere della gravissima accusa di omicidio colposo plurimo ed epidemia colposa per la gestione delle prime fasi della pandemia. Poco dopo le 14 è iniziato l’interrogatorio davanti al tribunale dei Ministri, tre giudici civili estratti a sorte: il collegio, presieduto dalla giudice civile Mariarosa Pipponzi, dovrà decidere entro novanta giorni se archiviare l’inchiesta oppure se presentare richiesta di autorizzazione a procedere alle Camere. Così Speranza sul mancato aggiornamento del Piano pandemico esistente: “Era inefficace ed è stato fatto di tutto per tutelare la salute degli italiani”, aggiungendo, poi: “Ho seguito rigorosamente le indicazioni del Cts”, e questo, in verità, è parte del problema. Come ha riferito Guido Calvi, legale dell’ex ministro, ricostruendone dinanzi ai cronisti la deposizione, sarebbe stato il consulente della Procura, il biologo (e oggi senatore del Pd) Andrea Crisanti a “indurre la magistratura in errore”, sostenendo che la raccomandazione del 5 gennaio 2020 da parte dell’Organizzazione mondiale della sanità, in cui si invitavano gli Stati ad adottare misure concrete contro il nuovo virus, “fosse vincolante” per l’adozione del Piano pandemico. (Continua a leggere dopo la foto)
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Il parere di Andrea Crisanti è uno degli architravi dell’inchiesta. Una difesa, quella di Speranza, che appare assai debole poiché, vincolante o meno, quella dell’Oms era una direttiva piuttosto autorevole, almeno in quel primo momento. Il Piano, pur se datato al 2006, secondo i pm di Bergamo guidati dal procuratore Antonio Chiappani, se messo in campo, avrebbe comunque potuto limitare l’impatto della pandemia. Giuseppe Conte, difeso dall`avvocato Caterina Malavenda, oltre ad essere indagato per la stessa mancata attuazione del Piano pandemico, ha secondo l’inchiesta la grave responsabilità di avere atteso troppo prima di istituire la cosiddetta zona rossa tra i comuni di Alzano e Nembro. Una strategia attendista, un eccessivo temporeggiare che è cristallizzato nella nota informale, agli atti dell’indagine, di un altro degli indagati, l’ex membro del Cts Agostino Miozzo. Un tentennamento, quello dell’ex premier, che – secondo un modello matematico che fa parte della consulenza della procura bergamasca firmata dal virologo Antonio Crisanti – causerà oltre 4.000 morti proprio in quelle zone. Ebbene, se dinanzi ai giudici di Roma Conte aveva avuto “un vuoto di memoria”, adesso :“Ha spiegato tutto quello che è accaduto dal 26 febbraio al 6 marzo rispetto alla mancata zona rossa”, ha dichiarato la sua legale. (Continua a leggere dopo la foto)
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In totale gli indagati per la gestione della pandemia nella Bergamasca sono 19. Tra questi anche il presidente dell’Istituto Superiore di Sanità, Silvio Brusaferro, l’allora capo della Protezione Civile, Angelo Borrelli e il presidente del Consiglio Superiore di Sanità, Franco Locatelli. Indagati anche il governatore della Lombardia, Attilio Fontana, l’ex assessore regionale al Welfare, Giulio Gallera e diversi dirigenti della sanità nella Regione.

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