Nuovi guai per Giuseppe Conte. Pian piano tutte le verità stanno venendo a galla, e così ora si scopre da un verbale riservato che ha mentito ancora una volta. Direte: una più o una meno poco cambia. E invece questa volta il caso è di quelli che scottano. In una intervista rilasciata ad aprile 2020 a Il Fatto Quotidiano, l’ex presidente del Consiglio dichiarava: “La sera del 3 marzo il Cts propone per la prima volta la possibilità di una nuova zona rossa per i Comuni di Alzano Lombardo e Nembro. Ormai vi erano chiari segnali di un contagio diffuso in vari altri Comuni lombardi. Chiedo così agli esperti di formulare un parere più articolato: mi arriva la sera del 5 marzo e conferma l’opportunità di una cintura rossa per Alzano e Nembro. Il 6 marzo, con la Protezione Civile, decidiamo di imporre la zona rossa a tutta la Lombardia. Il 7 marzo arriva il decreto”. Ma come rivela oggi Tpi tutto questo è “falso”. E presentano le prove. (Continua a leggere dopo la foto)
Scrive Francesca Nava su Tpi: “A marzo del 2021 pubblico sul quotidiano Domani il contenuto di un documento esclusivo che smentisce questa versione dei fatti. È un verbale riservatissimo (già acquisito dalla Procura di Bergamo) di una riunione informale e ristretta del Comitato tecnico scientifico che si tiene il pomeriggio del 2 marzo 2020. Alle ore 18. All’incontro partecipa anche il presidente Conte. Con lui riuniti ci sono il ministro della Salute, Roberto Speranza, il presidente dell’Istituto Superiore di Sanità Silvio Brusaferro e alcuni membri del Cts, tra cui il coordinatore Agostino Miozzo. Di questa riunione non esistono verbali ufficiali. Eppure qualcuno prende appunti. È lo stesso procuratore capo di Bergamo, Antonio Chiappani, a rivelare al giornalista del quotidiano Il Giornale, Stefano Zurlo, che del suddetto verbale del 2 marzo abbia parlato con gli inquirenti l’ex coordinatore del Cts, Agostino Miozzo, durante la sua audizione in Procura”. Ed è così che si scopre che le date non tornano. E nemmeno le dichiarazioni ufficiali rilasciate dall’allora presidente del Consiglio. (Continua a leggere dopo la foto)
Il 2 marzo 2020 è una data fondamentale. “Quel giorno, infatti, il Cts si riunisce due volte: una al mattino e una al pomeriggio. La seduta del pomeriggio non viene messa ufficialmente a verbale. In quella seduta, però, è presente anche il presidente del Consiglio Giuseppe Conte, che viene messo al corrente della situazione critica nella bergamasca. Non solo: in quella riunione il Cts suggerisce a Conte di adottare misure restrittive in Val Seriana, ma il premier è titubante. Il punto, oggi, non è solo la titubanza dell’allora premier di fronte a dati epidemiologici drammatici provenienti dalla Lombardia, che avrebbero richiesto la chiusura immediata dell’intera regione governata dalla Lega (che non prende mai iniziative autonome): quello che lascia senza parole è il fatto che lo stesso Conte, sentito dalla Procura come persona informata sui fatti il 12 giugno 2020, avrebbe dichiarato anche ai pm bergamaschi – come da indiscrezioni pubblicate dal Corriere della Sera – di avere appreso la situazione epidemiologica in Val Seriana e le raccomandazioni dei suoi tecnici – verbalizzate il 3 marzo – solo il 5 marzo. Due giorni dopo”. In realtà viene informato il 2 marzo. Tre giorni prima. (Continua a leggere dopo la foto)
Conclude Nava: “Che a quella data la situazione fosse critica in Lombardia lo dimostra la prima nota riservata dell’Iss di quello stesso giorno, in cui si raccomanda di chiudere Alzano e Nembro in una zona rossa, una notizia che TPI ha rivelato in esclusiva il 26 marzo 2020. Il Cts il 3 marzo la mette a verbale, discutendone in via riservata il giorno prima con Conte e Speranza. Ma il Governo prende tempo. E Conte dichiara di aver letto quel verbale del 3 marzo solo 48 ore dopo (senza mai citare la riunione del 2 marzo) e di aver deciso poi di chiudere la Lombardia in accordo con il governatore Fontana il 7 marzo (con un Dpcm in vigore dall’8 marzo che chiude la regione in una zona arancione e non rossa, lasciando le fabbriche aperte), perché chiudere solo la Val Seriana sarebbe stato insufficiente. In realtà le cose non sono andate così. E il verbale riservato del 2 marzo lo dimostra”. (Continua a leggere dopo la foto)
Rivela Tpi: “Il verbale riservato – compilato a mano, poi trascritto al computer, mai protocollato, né firmato, ma acquisito dalla Procura di Bergamo (e che Tpi ha pubblicato in esclusiva in originale, ndr) si conclude con questa frase attribuita a Conte: «Decide di rifletterci». Quanto dura questa riflessione? Sei giorni. Sei giorni in cui i cittadini bergamaschi e lombardi muoiono a decine. Conte ha forse mentito ai pm bergamaschi? O ha solo avuto un vuoto di memoria? Difficile ipotizzare che di una riunione così cruciale, in cui si prefigurano «numeri preoccupanti» in una zona economicamente strategica della Lombardia, non vi sia traccia nella memoria del nostro ex premier”. Ricorderete anche che alla stessa Nava, che chiedeva conto del clamoroso ritardo, Conte rispose con quella frase passata alla storia: “Quando sarà lei al Governo i Dpcm li scriverà lei”. Oggi la giornalista si leva un sassolone dalla scarpa e, documenti alla mano, dimostra “con certezza che Conte non ha detto tutta la verità”. E per la cronaca nemmeno il ministro della Salute Roberto Speranza.
Si rimanda all’articolo completo su Tpi.
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