Il Consiglio di Stato, sezione quarta, con 60 pagine di motivazione, ha annullato la sentenza del Tar di Lecce dello scorso febbraio che, confermando una precedente ordinanza del sindaco di Taranto di febbraio 2020, aveva ordinato lo spegnimento degli impianti dell’area a caldo dell’ex Ilva di Taranto perché inquinanti. “Il potere di ordinanza non risulta suffragato da un’adeguata istruttoria e risulta, al contempo, viziato da intrinseca contraddittorietà e difetto di motivazione”, scrivono. (Continua a leggere dopo la foto)

Secondo i giudici dell’appello “va dichiarata l’illegittimità dell’ordinanza impugnata e ne va conseguentemente pronunciato l’annullamento”. L’effetto pratico di questa sentenza é che non ci sarà alcuno stop degli impianti dell’area a caldo del siderurgico di Taranto. Si andrà avanti, quindi, incuranti delle analisi e delle sentenze precedente. Avanti a tutto inquinamento, senza problemi. Prosegue il Consiglio di Stato, “il rigetto in primo grado del ricorso delle società industriali interessate all’attività produttiva, non trova sostegno neanche nelle risultanze dell’istruttoria svolta dallo stesso Tar”. (Continua a leggere dopo la foto)

Per il Consiglio di Stato, infatti, non si è evidenziato “un pericolo ‘ulteriore’ rispetto a quello ordinariamente collegato allo svolgimento dell’attività industriale”. Per questi, quindi, “anche sotto tale profilo l’ordinanza risulta quindi emessa “senza che vi sia stata un’univoca individuazione delle cause del potenziale pericolo e senza che sia risultata acclarata sufficientemente la probabilità della loro ripetizione”. L’ex Ilva, dunque, può continuare a lavorare senza problemi. (Continua a leggere dopo la foto)

“Pur senza negare la grave situazione ambientale e sanitaria da tempo esistente nella città di Taranto, già al centro di vicende giudiziarie penali e di una sentenza di condanna dell’Italia da parte della Corte Europea dei Diritti Umani, relativa però alla precedente gestione dello stabilimento, rispetto alla quale le misure intraprese negli ultimi anni hanno segnato “una linea di discontinuità”, concludono i giudici sull’ex Ilva.
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