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L’ultima frontiera della mafia: le opere d’arte si trasformano in una moneta virtuale per fare affari

Pubblicato il 10/02/2020 15:27 - Aggiornato il 10/02/2020 15:29

Dipinti e sculture come una moneta, le opere d’arte trasformate in una sorta di vera e propria criptovaluta per riciclare denaro sporco o in momentaneo deposito per mafie e criminalità organizzata. Una tendenza ormai sempre più evidente: nel patrimonio sequestrato a Gioacchino Campolo, il “re dei video poker”, c’erano centinaia di opera appartenute a Dalì, Morandi, de Chirico, Guttuso. Gianfranco Becchina, uomo del boss latitante Matteo Messina Denaro, aveva invece una collezione dal valore di dieci milioni di euro.

L'ultima frontiera della mafia: le opere d'arte si trasformano in una moneta virtuale per fare affari

E ancora: in un casale di Castellamare di Stabia riconducibile al narcotrafficante Raffaele Imperiale sono stati rinvenuti due dipinti a olio di Vincent Van Gogh trafugati dal Museo di Amsterdam dedicato all’artista. Un boom che potrebbe far pensare a una predilezione per l’arte da parte dei mafiosi. Magari un modo per darsi un tono. Niente di più sbagliato. La realtà è che il mercato dell’arte è diventato uno strumento di riciclaggio e investimento per le mafie, permettendo di occultare in beni-rifugio dei capitali sporchi, certi che non si svaluteranno col passare del tempo.

L'ultima frontiera della mafia: le opere d'arte si trasformano in una moneta virtuale per fare affari

La criminalità investe così soprattutto in capolavori destinati a mantenere il proprio valore negli anni. Un mercato globale, quello dell’arte, che vale complessivamente tra i 58 e i 60 miliardi di euro. Negli ultimi dieci anni, la bolla è letteralmente raddoppiata, e la tendenza sembra destinata a confermarsi ancora. Le case d’asta hanno battuto, in questo decennio, pezzi famosi ma anche opere di artisti semi sconosciuti che hanno improvvisamente incontrato una fama inaspettata, travolgente. Il tutto grazie alla facilità con cui le mafie hanno potuto sfruttare il settore per riciclare denaro sporco, grazie a una mancanza di regole pressoché assoluta.

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Un trend evidenziato da un recente report della Guardia di Finanza, dove balzano agli occhi i 18 miliardi di beni mobili e immobili sottratti alla criminalità economico-finanziaria tra il 2015 e il 2019. E che confermano come quella dell’arte sia una scelta strategica ben precisa. Tele, sculture e affreschi garantiscono passaggi di denaro tra un gruppo mafioso e l’altro, al riparo da qualunque rischio. L’opera d’arte resta solitamente dove si trova, solitamente in un porto franco difficile da raggiungere, ma formalmente cambia proprietà. In questo modo, si riescono a chiudere affari milionari con una semplice firma e una stretta di mano. I capolavori hanno inoltre una seconda funzione: quella di simboleggiare, con il loro prestigio, lo status dei boss, esibiti come dimostrazione di potere.

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