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In mancanza di umani ora si accaniscono sui maiali. La surreale proposta della Capua

Pubblicato il 23/05/2022 13:27

Morta una pandemia se ne fa un’altra. E così, archiviato il Covid che non fa più presa sulla popolazione che ormai ha capito, è partito il terrorismo sul vaiolo delle scimmie e il relativo vaccino. Chissà che ad ottobre non facciano un nuovo Super Green pass Covid+Vaiolo. Ma c’è di più. Perché oltre al vaiolo delle scimmie c’è anche la peste suina. E così, ora che le persone non abboccano più, i televirologi della prima ora si stanno occupando di animali. Poveretti. Ilaria Capua, in un’intervista al Corriere, ha detto: “L’emergenza legata alla peste suina è la cronaca di una epidemia annunciata. L’Italia non poteva pensare di rimanerne fuori: questo virus circola da diversi anni in Europa centrale, nelle repubbliche baltiche, in Polonia, Russia e Cina. E se vai a vedere i numeri in Cina, il maggior consumatore di carne suina al mondo, l’effetto è stato devastante. Se entrasse nella filiera del suino in Italia sarebbe un colpo durissimo”. (Continua a leggere dopo la foto)

Precisa poi la Capua: “Il rischio è zero per l’essere umano. Non si trasmette all’uomo né per via diretta (contatto), né indiretta (con gli alimenti). È un virus molto selettivo. Una sorta di virus esigente, tutt’altro che di bocca buona: infetta esclusivamente i suini (maiali, cinghiali, facoceri) e nessun’altra specie. Ma proprio questa sua caratteristica è anche un grave problema. Per quasi tutte le malattie di animali e uomini ci sono dei vaccini, ma nel caso della peste suina, proprio per questa sua incredibile selettività, non esiste. O meglio: non siamo riusciti a produrre un vaccino che abbia livelli di efficacia e sicurezza tali da poterlo mettere in commercio”. (Continua a leggere dopo la foto)

La soluzione quindi? Quella tanto cara anche per gli uomini: il lockdown. È una sorta di fissa probabilmente. Così ora vogliono mettere in lockdown i suini: “Mi auguro che non succeda, ma il mercato dei prodotti di origine animale funziona così. Sarebbe un disastro, perché vorrebbe dire bloccare tutta la filiera, posti di lavoro. Se non hai un vaccino è molto difficile controllare la malattia e la sua circolazione. Una volta che è arrivato all’interno di una popolazione recettiva potrebbe esplodere. In un Paese come l’Italia con una forte vocazione in questa industria rischiamo che, anche in maniera un po’ strumentale, si possa arrivare a un blocco dell’export dei prodotti. È una malattia che non vuole nessun Paese. Forse anche per questo non si avverte l’allarme che si nasconde dietro la notizia più di colore, i cinghiali tra i cassonetti. Abbiamo già l’infezione in tre regioni: Piemonte, Liguria, Lazio. La prima cosa da fare è capire se c’è un legame”. (Continua a leggere dopo la foto)

Conclude la Capua: “Uno dei meccanismi di introduzione del virus è quella alimentare. In letteratura sono riportati casi di camionisti che arrivano dalle zone infette (in questo caso verosimilmente da est), solo perché viaggia per migliaia di chilometri con i suoi panini farciti con l’insaccato fatto con il maiale di allevamento familiare. È sufficiente che a destinazione butti l’ultimo pezzo di panino e che un cinghiale lo mangi nella spazzatura ed ecco il primo caso. Oppure è arrivata tramite una catena di contagio legata ai movimenti di cinghiali infetti. Siamo un pezzettino di un sistema più grande: quello che succede nell’animale selvatico riguarda l’economia. Dovremmo averlo capito”.

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