L’obiettivo è “salvaguardare la libertà, il pluralismo e l’indipendenza dei media nella Ue”, e non poteva essere altrimenti: come già con la nuova ossessione “green”, l’Unione europea ammanta sempre di nobili propositi le misure più inique, imponendole agli Stati. Dietro quella formula apparentemente inoppugnabile, infatti, si nasconde un progetto liberticida e di controllo sociale assai stringente. Ma andiamo con ordine. Stiamo parlando dello European media freedom act proposto dalla Commissione europea lo scorso settembre e che, ora, sarà oggetto del negoziato tra Stati e Parlamento. Sono alcuni governi, in particolare quello francese, a portare avanti le istanze più controverse, ad esempio proponendo di legalizzare i controlli sui giornalisti attraverso degli spyware, per questioni di “sicurezza nazionale”, ufficialmente. Ma, si sa, la strada per l’inferno è lastricata di buone intenzioni. In nome della sicurezza nazionale, gli Stati europei potranno installare tali software-spia su qualsiasi mezzo utilizzato da una redazione o dai singoli giornalisti, al fine di monitorarne l’attività: è questa la deroga chiesta dalla Francia, laddove nella bozza originaria l’utilizzo degli spyware non era previsto affatto. Praticamente, così, si metterebbe il bavaglio ai giornalisti e li si spierebbero legalmente. E tanti saluti alla liberà di stampa. (Continua a leggere dopo la foto)
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La proposta francese e il compromesso raggiunto
La proposta francese è il frutto di un compromesso della presidenza di turno svedese, sostenuto dalla Germania, Olanda, Repubblica Ceca e Lussemburgo. Gli altri Stati, tra cui l’Italia, non sono intervenuti a sostegno della proposta francese, ma non l’hanno ostacolata. La fretta che paiono avere i governi europei per la definizione del Media freedom act è altresì spiegata da Angela Mauro dell’Huffington Post, che cita fonti interne alle istituzioni comunitarie, con la necessità di approvarlo “Prima che l’Ungheria assuma la presidenza dell’Unione Europea”, ovvero entro il luglio del 2024. Insieme alla Polonia, l’Ungheria è da sempre oggetto di preoccupazione dell’Ue, per via del controllo messo in atto nei confronti dei mezzi d’informazione critici degli organi di governo. Le stesse Polonia e Ungheria respingono totalmente lo European media freedom act, tanto che hanno votato contro nella riunione degli ambasciatori, che ha invece licenziato a maggioranza il testo finale da trattare col Parlamento europeo. Sono ben 32 i reati per i quali potrebbe essere autorizzata la sorveglianza dei giornalisti, nel nome di non meglio specificati criteri di “sicurezza nazionale”. Nella bozza originale erano solamente 10 e riguardavano categorie di reati particolarmente gravi, tra i quali il terrorismo, i crimini contro l’umanità e la pornografia infantile. (Continua a leggere dopo la foto)
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Un attentato alla liberà di stampa
Già due anni fa, un’indagine congiunta di media tra cui Guardian, Le Monde e Washington Post, ha mostrato come attori statali in diversi paesi avevano illegalmente utilizzato lo spyware israeliano “Pegasus” contro i cittadini, compresi i giornalisti. La proposta originale avanzata dalla Commissione Ue prevedeva il divieto assoluto di utilizzo di spyware, come detto. Tuttavia, a seguito delle pressioni esercitate dalla Francia, sono state apportate importanti modifiche: ora, il testo prevede che gli Stati possano disporre di un “software di sorveglianza intrusivo in qualsiasi dispositivo o mezzo utilizzato dai media, dalla redazione o da qualsiasi collaboratore” nel caso in cui vi siano rischi per la “sicurezza nazionale”. Ecco, dunque, che l’EFJ (European Federation of Journalists) ha immediatamente fatto notare come la deroga inserita trasformi di fatto le tutele originariamente previste per i giornalisti in “gusci vuoti”. Il testo propone l’istituzione di un “nuovo Comitato europeo per i media composto dalle autorità nazionali dei media”. Sarà un organo di “consiglio e sostegno alla Commissione Europea”.
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