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“Barche ferme per una settimana”: i pescherecci annunciano lo sciopero, le ragioni della protesta

Pubblicato il 07/03/2022 13:35 - Aggiornato il 07/12/2022 18:06

Fermi in porto per tutta la settimana, senza uscire in mare. I pescherecci italiani si schierano così in protesta contro una serie di rincari che mettono a durissima prova il settore e di fronte ai quali il governo Draghi, impegnato a difendere Green pass e restrizioni varie contro il Covid, continua a mostrarsi indifferente. L’iniziativa è stata annunciata con un comunicato dell’Associazione produttori pesca al termine di un’assemblea organizzata a Civitanova Marche (Macerata), con la partecipazione dell’80% delle marinerie italiane.

Alle pagine del Fatto Quotidiano, il presidente dell’Associazione armatori Pescara Francesco Scodella ha parlato di uno “sciopero generale per tutti. Il caro gasolio non permette più di sostenere l’attività di pesca e il comparto ha deciso di fermarsi”. La classica “goccia che ha fatto traboccare il vaso: il carburante è sempre in aumento. Ora è scoppiata la guerra, ma ci sono davvero tanti altri problemi per tutti i settori che lavorano con l’energia come noi. Lavoravamo, dall’inizio della pandemia, con il gasolio a 30 centesimi. Piano piano il costo è aumentato ed è arrivato ad 1 euro e 10 oggi. Più che raddoppiato se non triplicato. Ora le barche più grandi in mare consumano 2.500 euro al giorno rispetto alle mille di prima”.

Un’iniziativa sulla falsariga di quelle annunciate già da tante altre categorie, con gli autotrasportatori che nei giorni scorsi hanno paralizzato l’Italia da Nord a Sud per dire no al caro carburante. A spaventare è anche il boom registrato nel costo degli alimenti, un’impennata che rischia di farsi ancora più pesanti dopo la crisi in Ucraina: la Russia, infatti, è il granaio d’Europa, e la guera rischia di mettere ancora più in difficoltà le famiglie dello Stivale, già alle prese tra l’altro con bollette mai così alte.

L’indice Fao dei prezzi dei generi alimentari ha fatto registrare a febbraio il suo record assoluto, in rialzo del 3,9% rispetto a gennaio e del 20,7% su base annua. Guerra e aumenti energitici hanno fatto schizzare alle stelle il costo di alcuni prodotti in particolare: il grano è balzato in avanti del 38,6%, il mais del 17%, la soia del 6%. Secondo il presidente Coldiretti Ettore Prandini, il rischio è che “si riduca anche drasticamente la nostra capacità produttiva”.

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