Cambierà tutto, a partire dal prossimo gennaio: stop alle ricette mediche trasmesse via mail, o addirittura tramite messaggi di WhatsApp. Ricetta “dematerializzata”, viene definita. Verranno abbandonate le diverse forme di erogazione alternative alla ricetta cartacea, in conformità a un’ordinanza del Capo del Dipartimento della Protezione civile, pubblicata in Gazzetta Ufficiale il 21 marzo 2020, che disciplinava il subentro graduale del Ministero della Salute nella gestione e superamento delle criticità conseguenti alla diffusione della pandemia da Covid. E dunque il 31 dicembre è la deadline: decadrebbe una misura che, pensata in tempi di pandemia e stringenti chiusure, era apprezzata da molti, considerata iniqua da altri. E non per ragioni squisitamente ideologiche, per così dire, ma anche per ragioni pratiche: le persone anziane bisognose di cure, sovente, non hanno grande padronanza degli strumenti elettronici.
Come abbiamo già scritto, nella manovra di bilancio in via di definizione e di approvazione, potrebbe approdare una norma che “gratifichi” i medici impegnati a contrastare il Covid. Invece, l’imminente ripristino delle procedure precedenti, ovvero il ritorno della ricetta cartacea, spinge gli stessi medici a esprimersi con forza, suscitando una rivolta di sanitari e farmacisti. Parla di “salto indietro” la Smi (Sindacato medici italiani), per voce di Pina Onotri, segretario generale del sindacato che, in una nota, chiede al ministro della Salute, Orazio Schillaci, una proroga dell’utilizzo della ricetta dematerializzata “per almeno un anno”. Anzi, propone un provvedimento che renda “strutturale” il suo utilizzo: così da “liberare” i medici “da impropri carichi burocratici”. Affermazione, quest’ultima, piuttosto singolare. Viene, infatti, definita “carico burocratico” una delle normali attività legate alla professione medica. (Continua a leggere dopo la foto)
La procedura, attualmente, è la seguente: il medico scrive sul computer il farmaco per un determinato paziente, il quale si reca in farmacia, mostra la tessera sanitaria e permette così al farmacista di accedere al suo profilo e di vedere quali medicine deve consegnargli. Certo, sono passati i tempi in cui il medico di base era quasi una persona di famiglia, pronto a visitare a domicilio i propri assistiti, ma questa smaterializzazione che gradualmente va affermarsi in diversi ambiti, in una società dominata dalla tecnologia e, in alcuni casi, dalla robotica ha dell’inquietante. Dal canto suo, anche la segretaria generale di Cittadinanzattiva, Anna Lisa Mandorino, ha espresso in una nota stampa la propria contrarietà, argomentando che “la ricetta dematerializzata è di enorme beneficio soprattutto in contesti, come le aree interne, in cui la distanza dallo studio del medico, o le condizioni disagiate che talvolta sussistono per raggiungerlo”. (Continua a leggere dopo la foto)
Le reazioni contrarie giungono anche dalla Fimmg (Federazione italiana medici di medicina generale). “È necessaria una risposta a breve – ha affermato Silvestro Scotti, dirigente del sindacato – Altrimenti si torna al passato. Abbiamo avuto rassicurazioni ma stiamo ancora aspettando una proroga”. L’argomentazione a supporto della tesi di Scotti è rappresentata nell’esempio che egli porta, ossia quello dei malati cronici che devono ritirare periodicamente i farmaci necessari. Al coro si aggiunge Federfarma. “Siamo disponibili ad andare avanti così, se verranno prorogate le misure legate al Covid – spiega Marco Cossolo, del sindacato dei farmacisti – Siamo sempre disponibili a collaborare”.
Ti potrebbe interessare anche: “La vendetta di Putin”. Esplosione manda in fumo un mega-gasdotto. L’Europa trema – Il Paragone