Non è bastato lo sforzo di Emmanuel Macron di proporsi ai cittadini come perno fondamentale di una diplomazia al lavoro per la pace in Ucraina. Nonostante il conflitto in corso, infatti, la metà dei cittadini francesi hanno espresso un voto chiaro, contro il sistema. La conferma, secondo l’ex ministro dell’Economia Giulio Tremonti, del fatto che “la fine della guerra, quando ci sarà, non segnerà la fine del disordine. È la fine dell’utopia e il ritorno alla geografia. La storia è tornata con gli interessi arretrati”.
Intervistato da Annalisa Chirico per Il Foglio, Tremonti ha analizzato i limiti di una globalizzazione basata sul “mercatismo”, ovvero “l’ultima ideologia del Novecente. Il mondo si unifica nella logica del mercato come matrice del bene economico politico morale, come un assoluto. È l’architettura del mondo: sopra il mercato e sotto gli Stati pacificati in eleganti rapporti di competizione e concorrenza. La globalizzazione è un’utopia che nasce allora, l’assenza di luogo ne è la quintessenza. Chi, all’epoca, frequentava i circoli illuminati, sentiva ripetersi la parola ‘momentum’, il senso della ineluttabile e fatale necessità di fare tutto subito. Il disegno è quello della produzione in Asia e del consumo in Occidente, l’Asia è la fabbrica del mondo e l’Occidente, se produce qualcosa, produce servizi”.
La crisi ucraina e l’aumento del prezzo del denaro sono il segno che “qualcosa si è rotto nel meccanismo globale, e le cause del disordine sono antecedenti alla guerra. In questo momento la produzione in Cina è ferma, i cinesi non possono più esportare perché non hanno i vaccini, hanno solo il lockdown, oltre una grave caduta della produzione agricola interna. Le asimmetrie attuali sono causate dalla caduta dell’ordine globale: rarefazione di materie prime, inflazione, incertezza, speculazione. Abbiamo insieme inflazione e recessione e non disponiamo degli strumenti adatti a fronteggiare la crisi”. Secondo Tremonti “l’asse del potere si è spostato dai popoli e dai governi ai banchieri, che non sanno gestirlo”.
Draghi, di fronte al conflitto e alle sue conseguenze economiche, ha parlato di scegliere tra la pace e in condizionatori. Per Tremonti “non è la frase che avrebbe usato Winston Churchill, ricorda piuttosto Maria Antonietta. Qua il problema non è che finisce il gas ma che finiscono i soldi per pagarlo. Innanzitutto non è detto che l’embargo faccia terminare la guerra. È una questione di tempo. Ho sentito che la sostituzione del gas russo può realizzarsi nell’arco di 22-24 mesi, che in italiano vuol dire 2 anni. Come dicono i signori economisti, nel medio periodo siamo tutti morti”.
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