Lo chiamano Long Covid, denotando anche una scarsa fantasia, ma potremmo serenamente e più correttamente parlare di “Long Vax”. E non è una teoria complottista. Emicrania persistente, affaticamento costante e immotivato, frequenza e pressione sanguigna irregolari, neuropatia delle piccole fibre: questi sintomi perdurano, terminata oramai la presunta emergenza sanitaria, in una larga parte dei soggetti vaccinati: ora anche una stimata neurologa e ricercatrice presso la Harvard Medical School della prestigiosissima università bostoniana, Anne Louise Oaklander, conferma che trattasi di effetti di lunga durata connessi alla vaccinazione (forzata) e che a preoccupare è anzitutto la sottovalutata Sindrome da tachicardia posturale ortostatica, conosciuta attraverso l’acronimo Pots. Come ricostruisce su La Verità Patrizia Floder Reitter, essa comporta debolezza muscolare, oscillazioni della frequenza cardiaca e della pressione sanguigna, annebbiamento del cervello. Vi è forse, finalmente ma faticosamente, qualche apertura in merito alla responsabilità del vaccino su questi malesseri. Qualcuno – nella comunità scientifica che, fatte salve rare eccezioni, non ha dimostrato alcuna obiettività o pensiero critico – si sta ponendo la seguente domanda: quanto, quello che viene etichettato come Long Covid, può essere un effetto collaterale dell’indebolimento del sistema immunitario a seguito di ripetute vaccinazioni? (Continua a leggere dopo la foto)
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“Postumi lunghi” e vaccino
Era ancora il 2022 allorché riportammo i dati della ricerca statunitense secondo cui il presunto Long Covid rappresenterebbe, semmai, un insieme degli effetti collaterali dei vaccini. Più di recente, nel mese di marzo, citammo invece le clamorose dichiarazioni del ministro della salute tedesco, Karl Lauterbach: le case farmaceutiche dovrebbero “pagare le cure per gli effetti avversi dei vaccini”, effetti avversi tra i quali il più grave e definitivo è il decesso, spesso per i famigerati “malori improvvisi”, cresciuti esponenzialmente da circa due anni o poco più. Il ministro riconosceva anche che i sintomi, “simili al Long Covid”, dopo la vaccinazione “sono reali”. Ora, l’articolo de La Verità aggiunge nuovi tasselli. Nel maggio 2022, lo studio cui abbiamo fatto cenno dianzi, pubblicato su Medrxiv e condotto da scienziati di Boston, Philadelphia e Baltimora, ha evidenziato come, tra gennaio e settembre 2021, 23 persone con un’età media di 40 anni e nella maggior parte donne avevano sviluppato, entro 21 giorni dalla somministrazione del vaccino, polineuropatia, ovvero il malfunzionamento simultaneo di alcuni nervi periferici sparsi lungo il corpo. Il 39% aveva sviluppato i sintomi dopo la seconda dose. I pazienti avevano ricevuto principalmente i farmaci Pfizer e Moderna. (Continua a leggere dopo la foto)
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La Sindrome da tachicardia posturale ortostatica
L’ipotesi, che più volte abbiamo riportato, è che la proteina Spike dei vaccini a mRna provochi una reazione immunitaria. Suyana Reddy, dell’East Alabama health center ha documentato almeno 55 casi di Pots sviluppatasi da una a due settimane dopo la vaccinazione. Ancora in merito alla Pots, che abbiamo detto essere la Sindrome da tachicardia posturale ortostatica, i cardiologi Alan Kwan e Susan Cheng, del Cedars Sinai medical center di Los Angeles, dopo aver analizzato nu database unitario di ben 285mila persone della contea, hanno scoperto che entro 90 giorni dall’inoculo il tasso di sintomi correlati alla Pots era superiore di circa il 33% rispetto ai 3 mesi precedenti. Per non parlare del Perù, Paese in cui si è registrata una esplosione di Sindromi di Guillain-Barré, malattia rara del sistema nervoso che può generare paralisi: 180 casi e quattro vittime. (Continua a leggere dopo la foto)
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Lo studio norvegese
Infine, anche lo studio norvegese recentemente pubblicato su Jama network open, nota rivista collegata all’American medical association, lo scorso aprile ha coinvolto 382 individui che avevano ricevuto un tampone molecolare positivo al virus Sars-Cov-2 e altre 85 persone come “gruppo di controllo”, ovvero, nell’ambito scientifico, quel gruppo di soggetti che, nel corso di un esperimento, vengono mantenuti nelle stesse condizioni di quelli in esame, ma non subiscono il trattamento che è oggetto della sperimentazione, così da poter effettuare una comparazione statistica. Ebbene, sono stati osservati esattamente gli stessi sintomi tra chi si è infettato e chi, all’opposto, non ha mai contratto il virus: tutti soggetti tra i 12 e i 25 anni, seguiti per sei mesi e sottoposti a esami, test e accertamenti approfonditi. Dunque, sono stati evidenziati addirittura 78 potenziali fattori di rischio, per lo sviluppo dei “postumi” dal Covid.
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