Esattamente 20 anni fa entrava ufficialmente in circolazione l’Euro, questa nuova “moneta” imposta dall’alto senza chiedere un parere agli Italiani. Parlavano di clamorosi benefici per l’economia, di un benessere senza precedenti, dell’incredibile opportunità di non dover cambiare i soldi quando si viaggiava all’estero. La politica, da sinistra a destra, festeggiava. Prodi si compiaceva del risultato (sua la frase “Lavoreremo un giorno di meno guadagnando come se lavorassimo un giorno di più”), Berlusconi inviava milioni di calcolatrici chiamate “euroconvertitori”. Alcuni, purtroppo una minoranza al tempo, avevano tuttavia compreso i pericoli di questa scelta: vennero messi ai margini del dibattito politico, accusati di non capire nulla di economia.
Nel giro di poche settimane iniziò uno strano fenomeno. Ciò che prima costava 1.000 Lire passò a costare 1 euro. Il doppio. Dicevano: “Ma sì, è per comodità! E’ per arrotondare! E’ per importi piccoli!”. 1 euro qui, 1 euro là, ma intanto lo stipendio in euro continuava a rispecchiare perfettamente il valore in Lire: la prima grande tassa, di una lunga serie, per accodarci al “sogno europeo”. In una notte abbiamo detto addio a quasi un secolo e mezzo di storia della Lira: la nostra moneta – nostra e solo nostra – che ci ha accompagnato dal Risorgimento, ha attraversato due guerre mondiali ed è stata alla base del rimpianto “miracolo economico italiano”. Per cosa? Per accontentare qualche burocrate rincoglionito a Bruxelles?
In questi 20 anni con l’Euro abbiamo visto dilagare la povertà, abbiamo scoperto che questa “competitività” faceva rima con “taglio dei diritti dei lavoratori”, abbiamo pagato bollette e tasse sempre più alte (con conti in banca sempre più vuoti) e abbiamo accettato di rinunciare ai servizi fondamentali in nome di questa “austerity”. Ai creatori dell’Euro non interessava far prosperare i Popoli: loro volevano tenere sotto controllo l’inflazione (e non ci sono neanche riusciti, visto che adesso è al 5%) e favorire la libera circolazione dei (grandi) capitali. L’Euro non è una moneta; è un metodo di governo: se le cose non funzionano alla perfezione, c’è sempre un qualche banchiere (Monti, Draghi, …) pronto a prendere il potere senza alcun tipo di legittimazione popolare.
Negli ultimi due anni l’insostenibilità di questo modello è diventata sempre più evidente. Parafrasando un famoso ex Primo Ministro, quest’anno sarà, nelle migliore delle ipotesi, un limbo e, nella peggiore, un inferno. Non dobbiamo tuttavia disperare nell’avvenire: le risorse di questo Popolo sono immense e, come già successo altre volte nella nostra Storia, sapremo rialzarci a patto di definire un nuovo paradigma. Questo paradigma si chiama Italexit: migliaia di persone che ogni settimana, da Nord a Sud, lottano per tornare padroni del proprio Destino. Nel 2022 non potranno esserci più scuse: o ci schieriamo contro questo Sistema oppure ne saremo considerati complici. ➡ Entra in contatto con la sezione Italexit della tua città: https://bit.ly/italexit_2022