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La liquidità c’è ma non si vede

Pubblicato il 06/01/2021 12:33 - Aggiornato il 15/02/2023 11:17

di Emanuele Oggioni

I media ci parlano ogni giorno di piogge di miliardi dall’Unione Europea, che però non si sono mai visti, e di una grandissima liquidità creata dalle banche centrali di ogni continente. In effetti le banche centrali hanno stampato denaro, in una quantità impressionante e mai vista prima. Ma dove finisce questa liquidità? Evidentemente non arriva al mondo reale, di sicuro questo denaro non arriva e quindi non circola in Italia. Non è arrivata ai commercianti che chiudono la saracinesca, non è arrivata agli artigiani, liberi professionisti, alle piccole imprese in fortissima crisi di liquidità. Le aziende di una certa dimensione hanno ricevuto qualcosa, ma solo sotto forma di mero prestito da ripagare. Per questo si chiama moneta a debito. Perché chi la emette la rivuole indietro, con in più gli interessi. (Continua dopo la foto)

Abbiamo quindi di fronte almeno due problemi: il primo è come far arrivare la moneta nel mondo reale, e non a quello finanziario dove già ce n’è troppa, tanto da creando periodicamente bolle speculative e conseguenti crisi finanziarie; in particolare serve far arrivare il denaro alle piccole imprese, ai distretti industriali, al fine di rilanciare l’economia e il commercio locale, ai negozi al dettaglio di prossimità, per favorire la produzione del e per il territorio. Il secondo problema è che i mezzi di pagamento usati per questo scopo non siano gravosi di ulteriore debito. (Continua dopo la foto)

Pensiamo alla moneta come mezzo di scambio pari al sangue che nel nostro corpo fluisce e scambia le sostante vitali tra le cellule, come l’ossigeno dai polmoni fino a tutte le parti periferiche. Un quantità di sangue eccessiva può essere nociva, come una quantità troppo scarsa fa progressivamente indebolire il corpo umano. Analogamente, una scarsa quantità di moneta che circola nel mondo reale riduce gli scambi, il commercio, rendendo impossibile pagare i debiti e facendo morire le attività produttive stesse. 

Il paradosso è che la moneta è in primis nata come mezzo di scambio e metro di misura del lavoro dell’uomo. Abbiamo capacità produttiva in Italia? Abbiamo menti, braccia, risorse per creare, costruire, fornire un servizio per i residenti e da vendere all’estero? Abbiamo al natura, i musei, i monumenti storici per il turismo, i prodotti agricoli per il cibo di qualità. Sì, li abbiamo e anche larga misura. (Continua dopo la foto)

Perché queste risorse non vengono impiegate? Perché non si investe su di loro? Tra le altre cose, perché il pensiero liberista ha ripetuto all’infinto una grandissima bugia: la moneta è un bene scarso. Non ci sono i soldi. Niente di più falso. Soprattutto da qualche decennio a questa parte, ossia da quando dietro all’emissione di moneta non ci sono riserve di oro o di altri beni preziosi. C’è solo dietro qualcuno che si è preso il diritto esclusivo, o perlomeno preponderante, di “battere moneta”: le banche private in primis, che schiacciano il bottone di una tastiera di un computer e creano il denaro dal nulla. Ma a debito, ossia in cambio di interessi.

Quindi come facciamo per riattivare il commercio locale? Senza usare le banche private, senza usare la moneta a debito gravata da interessi. (continua)