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Bando vaccinazioni, lo schiaffo di Arcuri agli infermieri

Pubblicato il 16/12/2020 16:40

di Alessio Mannino.

Prima erano “angeli”, “eroi” e combattenti “in prima linea”, adesso vengono trattati a pesci in faccia. Gli infermieri degli ospedali pubblici italiani godono di uno stipendio medio, tenetevi forte, di 1410 euro netti, mentre a inizio carriera addirittura di 1150 (“roba da Terzo Mondo” secondo Antonio De Palma, presidente del sindacato Nursing Up).

Quest’anno hanno ricevuto un bonus diversamente calcolato dalle Regioni di qualche centinaio di euro, se va bene fino a 1200 come in Veneto, il che equivale comunque, per l’Anaao Assomed, a una “elemosina” a fronte dei rischi, della fatica e dello stress subìti in questi mesi. E ora il commissario straordinario all’emergenza Covid, Domenico Arcuri, che si inventa, pur di non coivolgerli nel piano di vaccinazione che dovrebbe partire (il condizionale è d’obbligo) a gennaio? Un bando da 534 milioni che ne elargisce 25 a cinque agenzie di lavoro interinale per assoldare (oltre a 3 mila medici) 12 mila operatori sanitari per le sole punture, ciascuno dei quali si vedrà corrisposto per 9 mensilità 3.077 euro lordi al mese, che al netto vuol dire una cifra maggiore dello stipendio-base di un infermiere formato. 

Secondo il Nursing Up, una pensata “senza capo nè coda” che spreca denaro pubblico per scaricare la responsabilità su soggetti esterni che in appena un mese dovrebbero trovare un esercito di improvvisati aspiranti addetti ai soli vaccini, “liberi e disponibili da subito ad accettare condizioni di contratti di 9 mesi, che altro non fanno che aprire di nuovo la strada al precariato”. Persone che “di fatto non ci sono”, che “il mercato oggi non possiede”.

L’alternativa fattibile avrebbe potuto essere consentire ai 30 mila infermieri del pubblico e ai 230 mila del privato, tra dipendenti e liberi professionisti, di “svolgere prestazioni aggiuntive con una dignitosa retribuzione oraria, resa oltre l’orario che già svolgono negli ambulatori”, così da evitare di svalutare economicamente, ancor più di quanto non sia già deprezzata, una professione, com’è quella infermieristica, che non può essere considerata una variabile scomponibile in pezzi, da aggiungere e buttar via come un optional puramente emergenziale. 

“Perchè si spendono così tutti questi soldi – si chiede De Palma – quando con la stessa cifra si potrebbero addirittura retribuire più di 140 mila ore di lavoro aggiuntivo, per ognuno dei 9 mesi previsti, agli infermieri che già ci sono o a buona parte di essi? Perché non chiedere la disponibilità agli infermieri già operativi, che peraltro più volte in passato è stata gia concessa, semplicemente integrando i loro magri stipendi pagandogli come prestazioni aggiuntive le ore in più che gli si chiede di fare?”.

Si parla infatti della sola somministrazione del vaccino, che il governo prevede di effettuare in 1500 centri distribuiti sul territorio nazionale, ma a condizioni contrattuali che penalizzano i già pochi e spremuti operatori nel pubblico che saranno scavalcati da contrattisti a cui andrà una remunerazione, a fronte di un impegno ben diverso dallo standard, che dopo un decennio di tagli alla sanità grida vendetta al cielo.

Perchè la questione, qui, non è soltanto sindacale, ma politica: si preferisce gettare dalla finestra soldi dello Stato per tappare i buchi creati dal menefreghismo verso una categoria di lavoratori tanto preziosa quanto bistrattata. Ma tutto passa in cavalleria per la fretta di una gestione incapace e dissipatrice, e non solo dei quattrini di noi contribuenti: anche, e soprattutto, della dignità di chi il mazzo se lo sta facendo sul serio, per la salute degli italiani.