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Varoufakis: “È l’inizio della fine dell’Eurozona. Quando l’Italia sarà fuori, saremo tutti fuori”

Pubblicato il 23/04/2020 16:04

Intervistato dalla stazione radio portoghese TSF, Yanis Varoufakis, ministro delle Finanze della Grecia durante il primo governo Tsipras, torna a parlare dell’attuale crisi innescata dalla pandemia di coronavirus. Come ha avuto più volte modo di sottolineare, l’economista avverte che questo possa essere il trampolino di lancio per la fine dell’Europa. La sua intervista, riportata da lantidiplomatico.it, offre moltissimi spunti di riflessione. Spiega Varoufakis: “Non c’è dubbio che questa crisi possa portare alla fine della zona euro se continuiamo su questa strada. L’Italia dovrà prendere in prestito enormi quantità di denaro e ci sarà un crollo del PIL di almeno il 10%. Il rapporto debito/PIL salirà presto al 180% o più. Il deficit sarà gigantesco: 15%, forse 20%”. E cosa succederà a quel punto?

Spiega Varoufakis: “Bruxelles l’anno prossimo dirà: ‘Dovrai passare, diciamo, dal 18% al 7%’. Questo è un programma di austerità del PIL dell’11%. Qualsiasi governo che attua un programma di austerità dell’11% cadrà molto presto. Matteo Salvini entrerà nel governo e ti posso assicurare che la prima cosa che farà è un piano per l’uscita dell’Italia dall’euro. Quando l’Italia è fuori, siamo tutti fuori”.

Sulle trattative condotte con la Troika quando era ministro ellenico dice: “Penso che avrei dovuto essere molto meno conciliante. Avrei dovuto essere molto più duro. Non avrei dovuto cercare un accordo interinale. Avrei dovuto dargli un ultimatum: ‘Una ristrutturazione del debito, o oggi siamo fuori dall’euro'”. Yanis Varoufakis, infine, crede che le misure prospettate dall’Unione Europea per fronteggiare la crisi siano sostanzialmente inutili.

Ecco perché: “Per cominciare, i 500 miliardi di euro sono quasi interamente prestiti. È esattamente ciò di cui l’Europa non ha bisogno, soprattutto come i paesi più colpiti, come l’Italia, la Spagna o la Grecia, che hanno la capacità minore di ottenere il necessario incremento del debito pubblico. Il motivo per cui gli eurobond – richiesti da nove paesi, tra cui la Grecia e il Portogallo – sono essenziali, è perché costituisce una ristrutturazione del debito, in modo che il debito non vada alle nazioni, ma è diffuso in tutta Europa. Essendo distribuito, il suo valore attuale netto totale si riduce nei prossimi 20 anni ed è quindi molto più gestibile”.

Rifiutando gli eurobond e dicendo invece ‘prendi denaro dal Mes’ – e cioè prestiti – o dai mercati, sostenuti dalla Banca centrale europea, paesi come la Grecia o il Portogallo saranno così fortemente indebitati che il ritorno del fiscal compact il prossimo anno significherà livelli di austerità per gran parte dell’Europa, anche peggio di quello vissuto dalla Grecia nel 2011. Saremo colpiti da un’ondata di recessione secondaria che sarà imposta da Bruxelles, da Francoforte”. Italexit subito, è questa la risposta.

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