Il settore assicurativo è terremotato dal caso Eurovita: dopo che, in febbraio, l’Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni (Ivass) aveva commissariato la compagnia, bloccando il riscatto della maggior parte delle polizze a vita dei clienti fino al 31 marzo – misura inedita, sinora, nel ramo assicurativo –, la situazione continua a essere assai complicata per ben 350mila clienti, adesso che dalla società (commissariata) arriva l’annuncio del congelamento totale dei riscatti fino al 30 giugno: un’altra proroga per scongiurare una bancarotta che è già in ogni caso pressoché certa, considerando che, quando sarà tecnicamente possibile, si prevede una corsa a riscattare le polizze. La sospensione limita la facoltà dei contraenti di esercitare i riscatti. In sostanza, i clienti che non possono riappropriarsi del denaro investito prima di quella data. Come è naturale, per lo più si tratta di polizze sulla vita stabilite a tutela dei figli, ciò che rende ancora più odiosa la situazione. Ogni compagnia assicurativa deve avere un adeguato livello di patrimonializzazione, definito dalla direttiva europea Solvency II, ed Eurovita attualmente ha un coefficiente di solvibilità sotto la soglia di tolleranza delle autorità. Questo era il motivo della attuale amministrazione straordinaria, ma ai risparmiatori di certo importa ben poco. “Noi risparmiatori eravamo all’oscuro di tutto” (ovvero delle operazioni, fallimentari, effettuate a partire polizze dei clienti), afferma a la Repubblica un cliente, Daniele Orlandi. Quindi, che fare? Al momento la situazione di Eurovita è tutta da definire: il commissario straordinario, Alessandro Santoliquido, sta valutando la situazione patrimoniale della compagnia e sta cercando un acquirente o un nuovo socio per garantire i 200 milioni di aumento di capitale richiesti dall’Ivass. (Continua a leggere dopo la foto)
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Lo scenario peggiore è quello della liquidazione coatta amministrativa, che ovviamente porterebbe a una drastica diminuzione della somma da riscattare, rispetto alla stessa cifra investita. Il fallimento della compagnia, per legge, fa venir meno l’obbligo da parte della stessa di restituire il 100% del capitale: di conseguenza, viene rimborsato il controvalore della gestione che, dunque, può essere inferiore rispetto al capitale versato. Il rischio ulteriore è quello del “contagio”, che, a cascata, potrebbe intaccare l’intero tessuto economico e finanziario, un po’ come avvenne, su scala globale, con i mutui subprime nel 2007. Frattanto, si fanno largo le associazioni dei consumatori: Federconsumatori Ferrara e Spi Cgil Ferrara hanno convocato una assemblea informativa a Cento per mercoledì 26 aprile. I consumatori chiedono che le assicurazioni si dotino di un fondo di garanzia a tutela dei propri clienti, come hanno fatto le banche per proteggere i rispettivi depositanti, con un paracadute da centomila euro massimi per correntista in caso di fallimento dell’istituto. Ma anche un’altra soluzione arriva ancora da Confconsumatori. L’associazione propone che le banche potrebbero liquidare le polizze ai risparmiatori e subentrare nel contratto. In questo modo i clienti riavrebbero il loro denaro e le banche non subirebbero perdite perché, a scadenza, si riprenderebbero la somma da Eurovita. Poi, una delle proposte sul tavolo per rimuovere le esitazioni e le forti perplessità del mondo assicurativo, chiamato a salvare la compagnia del gruppo Cinven che a fine 2022 contava circa 535 mila assicurati, è stata messa a punto dalle principali cinque compagnie italiane (Generali, Intesa Sanpaolo Vita, Unipol, Poste Vita e Allianz) per “spartirsi” il gruppo in parti uguali, accollandosi i rischi assicurativi e la gestione del personale, come leggiamo su Il Sole 24 Ore. (Continua a leggere dopo la foto)
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Rilevando i rami d’azienda della compagnia, essa verrebbe spacchettata e, di fatto, cesserebbe di esistere. Un possibile interesse, sempre secondo la stampa specializzata, era arrivato dal fondo Jc Flower, che avrebbe poi ritirato l’offerta. Quale che sia la strada che verrà percorsa, rimane l’angoscia di 350mila persone, con le loro famiglie, che almeno fino al 30 giugno non potranno toccare i propri risparmi.
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