Aziende italiane di piccole e medie dimensioni finite in ginocchio ormai da un anno, schiacciate dalla crisi economica e sanitaria. E alle prese con un rapporto, quello con lo Stato, tutt’altro che equo. Sì perché, nonostante l’emergenza suggerirebbe l’adozione di un po’ di buonsenso, gli imprenditori si trovano ancora a fare i conti con una pubblica amministrazione che onora in ritardo i propri debiti mentre, di contro, si chiede loro di pagare con puntualità le imposte. La parola “compensazione”, in questo scenario, resta purtroppo ancora un sogno lontano.

Milano Finanza ha raccolto in queste ore la testimonianza di Rossella Pezzino De Geronimo, amministratrice di Dusty srl, realtà siciliana impegnata nei servizi di igiene ambientale attiva in decine di comuni all’interno dell’isola: “Le imprese fornitrici della pubblica amministrazione italiana avanzano crediti mostruosi, senza distinzioni: da Nord a Sud in tutti i settori, dal turismo alle costruzioni ai servizi, dai grandi Comuni ai piccoli enti locali. La PA non paga o paga quando e come vuole. E se gli imprenditori chiedono gli interessi per ritardato pagamento devono fare causa, per vedere riconosciuti i propri diritti solo dopo 8-9 anni”.

Teoricamente, le tasse potrebbero essere compensate con i mancati pagamenti o ritardati pagamenti degli enti locali. La pratica, però, è ben diversa: “Questa è una mera utopia, in realtà. Intanto l’imprenditore i debiti tributari li deve pagare subito, perché nei fatti non può utilizzare in compensazione i crediti certificati. Una volta l’anno arriva poi un decreto, in scientifico ritardo, che consente la compensazione”. Un meccanismo che scoraggia gli imprenditori e che ha portato negli anni a un aumento percentuale di quanto dovuto dallo Stato ai cittadini: “Io devo pagare subito. E se non ho i soldi perché la PA non mi ha ancora pagato? Ecco il meccanismo perverso. Si attende l’avviso bonario con un 10% in più sui tributi dovuti quale utile di impresa. La somma ora si può rateizzare, ma nemmeno in questa fase si possono utilizzare i crediti certificati, dovendo pagare cash ogni rata. Pagamento che toglie risorse alla gestione corrente dell’azienda”.

Per partecipare alle gare e restare sul mercato, però, un’azienda deve essere in regola con i pagamenti. E allora, come si può fare? “Solo in una maniera – è la risposta di Rossella Pezzino – sottraendo risorse all’azeinda. In alcuni casi, non si ha nemmeno la possibilità di pagare l’avviso bonario. Dunque, si attende l’arrivo della cartella esattoriale così da poter, infine, utilizzare i crediti certificati. Questo sempre che, nel frattempo, sia stato predisposto il decreto annuale che lo consente”. Lo Stato dimostra così di essere “un pessimo modello di riferimento per i cittadini”.
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