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Tutti contro Patuanelli: nervi tesissimi nel M5s, il ministro fa la mossa e minaccia (finte) dimissioni

Pubblicato il 20/05/2021 12:16

Un Movimento Cinque Stelle senza più un’identità precisa, tradita da tempo quella di portavoce della rabbia degli italiani contro la casta. In attesa che Giuseppe Conte, il leader designato da Beppe Grillo e Luigi Di Maio, si assuma finalmente le sue responsabilità. Allo sbando, dilaniato da guerre esterne e interne. Quella con Davide Casaleggio, che rifiuta di fornire la lista degli iscritti. E tante, intestine, che rischiano di far definitivamente scoppiare una formazione tenuta insieme ormai con un dito di colla.

Nelle scorse ore è così andata in scena la minaccia del ministro Stefano Patuanelli, che ha paventato l’ipotesi dimissioni. Oggetto del contendere, come rivelato dal Fatto Quotidiano, l’attacco ricevuto da una sessantina di parlamentari del suo stesso partito, il M5S, in gran parte del Sud e tutti furibondi per la distribuzione dei soldi del Fondo Europeo Agricolo per lo Sviluppo Rurale (Feasr). Un tesoretto di 6 miliardi di euro da dividere tra Regioni e Provincie autonome nel corso del prossimo biennio. E che però, a detta dei grillini insorti, non sarebbe stato ripartito tenendo conto delle esigenze del Meridione.

Nomi di peso come Giulia Grillo e Carla Ruocco sarebbero insorti, sottolineando come al Sud si trova il principale bacino di voti del Movimento: “Non possiamo non tutelarlo, sarebbe un suicidio”. Patuanelli da par suo ha messo le mani avanti, sostenendo di aver strappato il miglior accordo possibile con la Conferenza delle Regioni. Poi, scrive il Fatto, di fronte agli attacchi insistiti di alcuni colleghi pentastellati, ha iniziato a parlare pubblicamente in chat di “possibili dimissioni”.

Un partito, insomma, che è una polveriera. Deciso fin da subito a sostenere un governo Draghi che è quanto di più lontano dal suo dna originale, spalla a spalla con i vari Berlusconi, Letta, Renzi. Incapace di far valere quei pochi principi che ancora sostiene. Senza un leader, con Conte che continua a tergiversare. Sempre più diviso, con il rischio di ulteriori strappi all’orizzonte.

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